Antigone, una mostra per l’immagine del destino
L’”immagine del destino” ha affascinato sin dall’età arcaica la religiosità dell’uomo. Rappresentare il destino nel linguaggio materiale è stata la prima necessità cui si è trovata di fronte l’Arte per conoscere il tempo del futuro. La raffigurazione delle scene nautiche o del tuffatore nel mare aperto, nelle tombe etrusche, è stata l’espressione mantica dell’Arte, come téchne per presagire l’aldilà, il destino della propria vita.
L’immagine di questa forza incontrollabile e comunque congenita nel processo poieutico dell’arte, si è trasmessa sempre cercando di raccoglierne le tracce di solenne tragicità. La sua connessione con il piano infero e viscerale dell’agire umano è intrisa di ritualità dionisiaca, almeno fino all’analisi nietzschana, e sottende al contrario della tradizione romantica, un vitalismo pragmatico e creativo del pragma, cioè della vicenda terrena quotidiana.
Il recupero di questa intrinseca ritualità è visibile nel Dioniso Corrente di Vita di Chigusa Kuraishi, un dipinto che stravolge alla vista il nostro sentire mortale del tempo.
Un quadro che sulla scia della precedente composizione Armonia, riflette le stesse soluzioni iconografiche controverse per la decodifica del genere figurativo.
L’olio su tela 80×100 cm manifesta il suo vero portato non universale quanto più occasionale, da camera, proponendo una immagine che non lascia spazio al completo astrattismo formale, estrapolando dal tema il suo nervo più ideativo e ancestrale, staccato dai muscoli della cultura figurativa consegnataci sinora. Sulla tela si distribuisce un randagio gioco cromatico di tinte blu e verdi che sembrano acquarellate quasi con la biacca tintorettiana. Il colore bianco dona una magnifica eleganza allo schema compositivo dell’opera all’interno della frapposizione tonale eseguita obliquamente, di traverso, su una immaginaria diagonale dello spazio rettangolare, accennando il tratto disteso e arricciato della pennellata nel dinamico intreccio di forme affusolate e fuse nel verde smeraldo che domina il centro prospettico.
Nel turbinio di forme stressate e linee controverse che eccitano la dimensione narrante dell’occhio, due grumi scuri, della consistenza vicino allo stato gassoso dell’aria, convogliano le aree circostanti, nutrendo la loro carica esplosiva, energica, vibrante come il segno dell’artista giapponese.
La corrente vitale dionisiaca è contemporaneamente principio ed effetto stesso della potenza generatrice espressa dalla vorticosità delle due nebulose che, come s’è visto con Armonia, sono i distintivi autografi della mostra Antigone svoltasi lo scorso 2024 a Perugia.
Il rapporto dell’immagine pittorica presente con l’idea di giustizia universale del mitema sofocleo è fortemente eziologico se il destino cui va incontro Antigone è l’audizione ineccepibile di una forza del Logos, della Legge, che solo lei ascolta sulla terra del Nomos, della Norma. L’unica vera legge cui Antigone può sottoporsi è quella dell’amore, quella della sacralità della morte, per la quale natura dionisiaca, soltanto in questa possono convivere insieme Amore e Morte, Eros e Thanatos.