L’università di Oxford è riuscita a dimostrare scientificamente i danni celebrali causati dall’infezione da Coronavirus.
Lo studio britannico suggerisce che il Covid sia in grado di procurare una leggera diminuzione della dimensione del cervello.
Gli scienziati hanno esaminato più di 700 partecipanti tra i 51 e gli 81 anni, attingendo a una bio-banca realizzata in Gran Bretagna, ovvero un database che raccoglie dati genetici e informazioni sanitarie di circa mezzo milione di persone. Per condurre lo studio, sono state messe a confronto le risonanze magnetiche dell’encefalo di persone guarite (da almeno 4 mesi e mezzo — il 96% dei quali ha avuto una forma lieve del virus— e le risonanze magnetiche di chi, invece, non ha mai contratto il Covid. In questo modo si è scoperto che la dimensione complessiva del cervello, negli infetti, si è ridotta tra lo 0,2 e il 2%.
In particolare, sono state riscontrate perdite di materia grigia nelle aree olfattive e nelle regioni legate alla memoria. È ormai noto, infatti, grazie alle numerose testimonianze raccolte in questi anni di pandemia, che chi si è ripreso dal Covid accusa spesso una difficoltà a svolgere compiti mentalmente complessi equesto studio potrebbe spiegarne il motivo.
I ricercatori non sanno, però, se i cambiamenti siano reversibili o siano stati determinanti nel compromettere la salute e il benessere degli ammalati sul lungo periodo. “Dobbiamo tenere a mente che il cervello è davvero di plastica – con questo intendiamo che può guarire da solo – quindi c’è una buona possibilità che, nel tempo, gli effetti dannosi dell’infezione si attenuino”, ha affermato il professor Douaud.
Inoltre, la perdita più significativa di materia grigia, individuata nelle aree olfattive, non chiarisce se il virus attacchi direttamente questa regione o se, negli infetti, le cellule muoiano semplicemente per l’inutilizzo dovuto alla perdita dell’olfatto. Tuttavia, queste scansioni sono state eseguite quando era prevalente la variante alfa, il virus originale, e la perdita dell’olfatto e del gusto erano sintomi primari. Infatti, questi sintomi sono diminuiti drasticamente nelle persone infette dalla più recente variante Omicron.
David Werring, professore dell’University College London Institute of Neurology, ha affermato che altri comportamenti legati alla salute potrebbero aver contribuito ai cambiamenti osservati, e ha aggiunto che: “[…] questi cambiamenti non si vedono necessariamente in ogni individuo infetto e potrebbero non essere rilevanti per ceppi più recenti”.
Lo svolgimento dello studio, il cui resoconto è stato pubblicato su Nature, è ancora in corso e solo il tempo ci dirà quali sono i reali danni procurati dal Covid all’organismo.