I piccoli editori e la battaglia dei diritti di traduzione: una questione di resistenza e visione

Roma, 6 dicembre 2024 – Esiste un’Italia che lotta. Un’Italia che non si piega alle leggi di un mercato editoriale dominato dai colossi, ma che non per questo si arrende all’oblio. È l’Italia dei piccoli editori, di quelle minuscole trincee culturali che combattono ogni giorno per un posto al sole nei mercati internazionali. Questa battaglia, quella della vendita di diritti di traduzione, è stata al centro di un confronto a Più libri più liberi, la Fiera Nazionale della piccola e media editoria, dove l’Associazione Italiana Editori (AIE) ha snocciolato numeri che parlano di fatiche, successi e sogni incompiuti.

Nel 2023, i piccoli editori – quelli che fatturano meno di 5 milioni di euro nei canali trade – hanno venduto il 18% dei diritti di traduzione italiani all’estero. Un dato che, a prima vista, potrebbe sembrare modesto. Ma è proprio in questa apparente debolezza che si nasconde la loro forza. Questi editori, spesso a corto di risorse e di personale, riescono a concludere in media tre contratti all’anno. Pochi, è vero; eppure quei tre contratti rappresentano un baluardo, un rifiuto ad arrendersi.

E mentre i grandi gruppi editoriali siglano contratti a dozzine – 34 in media per anno – i piccoli si ritagliano nicchie inaspettate. Nei libri di argomento religioso, ad esempio, dominano incontrastati, firmando il 72% delle vendite estere. Nei libri per bambini e ragazzi, detengono il 32%. E nei volumi d’arte e illustrati, il 19%. Settori specifici, certo. Ma settori che raccontano una capacità di visione e specializzazione che i giganti del mercato non sempre riescono a eguagliare.

La Cina, un nuovo orizzonte

E dove vanno questi libri? La Cina, prima di tutto. Una terra immensa e contraddittoria, che ha fame di cultura italiana. Seguono la Polonia e la Francia. Ma non basta: i piccoli editori italiani spopolano anche nell’area Pacifico, dove stipulano il 60% dei contratti, e trovano terreno fertile in Sud America e Asia.

Un potenziale inespresso

Eppure, il quadro non è tutto rose e fiori. Perché il 61% degli editori sotto i 5 milioni di euro non si avventura nemmeno nella vendita di diritti. Paura? Mancanza di mezzi? Certamente. Perché chi conosce il mondo dell’editoria sa che tutto è contro i piccoli: le economie di scala, la burocrazia, i costi di trasferta. Eppure, come ha sottolineato Lorenzo Armando, presidente del Gruppo Piccoli editori di AIE, questo dato non è solo un limite: è un’opportunità. Un terreno su cui costruire, investire, sperare.

Il sostegno pubblico: un aiuto prezioso, ma non sufficiente

C’è, fortunatamente, un’Italia che non si dimentica di questi editori. Nel 2023, i fondi pubblici hanno finanziato 546 traduzioni di titoli italiani all’estero. Un numero in crescita rispetto alle 442 del 2022 e alle 392 del 2021. Il Ministero degli Affari Esteri e il Centro per il libro e la lettura, con circa un milione di euro all’anno, hanno sostenuto soprattutto i più piccoli: il 52% dei progetti finanziati riguarda editori con fatturati sotto il milione di euro.

Ma Fabio Del Giudice, direttore di AIE, avverte: “Non basta. Questo sistema, per quanto migliorabile, sta dando risultati incoraggianti, ma serve di più. Dopo l’esperienza di Italia Ospite d’Onore alla Fiera del Libro di Francoforte, dobbiamo spingere oltre. Fare sistema, sfruttare ogni strumento, perché l’editoria italiana cresca sui mercati internazionali.”

La battaglia continua

E allora eccoli, i piccoli editori. Non più Davide contro Golia, ma qualcosa di più complesso. Sono artigiani, sognatori, imprenditori. Vivono sospesi tra resistenza e visione, tra ostacoli e ambizioni. Non sappiamo se vinceranno questa guerra. Ma una cosa è certa: non si arrenderanno. E in questo, forse, sono già vincitori.

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