“La Cina sta cercando di bilanciare tre obiettivi che non possono essere conciliati: un rapporto strategico con la Russia; impegno per i principi di politica estera di lunga data in materia di “non interferenza”; e il desiderio di ridurre al minimo i danni collaterali agli interessi cinesi causati dalle turbolenze economiche e dalle potenziali sanzioni secondarie da parte degli Stati Uniti e dell’UE […] dato che è probabile che non siano in grado di ottenere tutti e tre contemporaneamente, dovranno abbandonare uno o l’altro di questi obiettivi, ed è probabile che si manterranno a cavallo dei principi mentre restano ben salde la politica di potere e le considerazioni pratiche“. Con queste parole Evan Feigenbaum, ex vicesegretario di stato degli Stati Uniti, ha chiaramente sviscerato i dubbi che il governo cinese sta affrontando rispetto all’invasione dell’alleato russo in Ucraina, rimarcando anche la necessità della Cina di prendere una decisione chiara riguardo il proprio collocamento sulla vicenda ucraina.
E’ indubbio che nel decennio passato, ed in particolare negli ultimi due anni, la Russia e la Cina si siano avvicinate politicamente ed economicamente: solo nel 2021 l’interscambio commerciale tra i due paesi ha raggiunto la cifra record di 146,88 miliardi di dollari, una crescita del 35,8% annuo secondo i dati riportati dalle dogane cinesi. L’obiettivo dichiarato per il 2024 è il raggiungimento di un volume di affari pari a 200 miliardi di dollari, in larga parte dipendente dall’aumento dell’export energetico russo verso la Cina: durante le Olimpiadi invernali di Pechino, Putin e Xi Jinping hanno sottoscritto un accordo che prevede la costruzione di un nuovo gasdotto Gazprom per un totale di 40 miliardi di euro. Tale mossa porterebbe vantaggi ad entrambe le potenze, essendo la Cina il primo consumatore di gas al mondo con un fabbisogno stimato di 620 miliardi di metri cubi per il 2040, e consentendo alla Russia di diversificare ulteriormente il proprio export energetico.
Le relazioni tra i due paesi non si esauriscono solo dal punto di vista economico: nello stesso frangente, i due leader hanno firmato un documento programmatico che difatti mira a promuovere un nuovo ordine internazionale, rifiutando “l’ingerenza di forze esterne, con qualsiasi pretesto, negli affari interni dei Paesi sovrani” e “opponendosi all’ulteriore espansione della Nato, invitano l’alleanza ad abbandonare gli approcci ideologizzati della guerra fredda, a rispettare la sovranità, la sicurezza e gli interessi di altri paesi”. L’operazione russa in Ucraina sembra tuttavia aver messo parzialmente in dubbio il progressivo allineamento delle due potenze. Da un lato, la Cina ha rilasciato diverse dichiarazioni pro-Russia, rimarcando le colpe dell’Occidente e degli Stati Uniti nel voler perseguire una politica di espansione della Nato verso Est; dall’altro, l’idea che una minoranza possa dichiararsi indipendente ed essere a quel punto riconosciuta da un’altra superpotenza (leggasi le auto-dichiarate repubbliche di Luhansk e Donetsk) pone un problema di principio fondamentale nelle partite che la Cina sta giocando verso Taiwan, senza tralasciare Hong Kong ed il Tibet.
L’inaspettata unione dell’Occidente nell’istituire dure sanzioni verso la Russia come risposta all’invasione dell’Ucraina ha poi ulteriormente rafforzato l’opinione che, in questo frangente, alla Cina non convenga schierarsi apertamente con la Russia. Basti ricordare che nel 2020 la Cina è stata il più grande partner commerciale di merci degli Stati Uniti (con scambi totali a 659,5 miliardi di dollari), il terzo mercato di esportazione degli Stati Uniti per 120,3 miliardi di dollari, e la principale fonte di importazioni statunitensi per 539,2 miliardi di dollari. Sebbene il paese abbia perseguito una forte politica di crescita interna, il proprio ruolo di “officina del mondo” e di hub di controllo delle supply chain globali comporta ancora una parte più che significativa del proprio PIL: essere tagliati fuori dall’ordine internazionale comporterebbe un contraccolpo non indifferente.
In conclusione, si può determinare che la Cina sia ancora in una fase di formulazione della propria posizione riguardo la situazione ucraina. Le parole di Wang Wenbin, portavoce del ministero cinese, sintetizzano bene la corrente (e forse incoerente) linea della Cina: “C’è una sola Cina al mondo e Taiwan è una parte inseparabile del territorio cinese […] La Cina sta anche monitorando da vicino l’evoluzione della situazione in Ucraina. Le legittime preoccupazioni in materia di sicurezza di qualsiasi Paese dovrebbero essere rispettate e gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite dovrebbero essere sostenuti congiuntamente”.