I dialoghi, quei maledetti!

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Che scrivere i dialoghi sia una vera sfida non è un segreto per gli scrittori.

Perché è così complesso?

Per via della verosomiglianza. I dialoghi scritti devono essere verosimili, questo vuol dire che devono assomigliare alla realtà ma neanche troppo.

Alcuni definiscono il dialogo su carta una forma di realtà letteraria: cioè qualcosa che imita il nostro modo di dialogare ma lo priva delle incertezze, degli errori e delle contraddittorietà del parlato quotidiano, non rendendolo, però, troppo aulico e poco credibile.

Come sempre, nella scrittura è questione di equilibrio.

Gli scrittori di cui si parlerà oggi sono stati in grado di cercare questo equilibrio e di farlo proprio con una tecnica unica e riconoscibile, tale da mettere ancor più in evidenza le loro doti straordinarie. 

Salinger voleva che il suo libro “The catcher in the rye” meglio noto in italiano come “Il giovane Holden”, fosse un testo privo di riconoscibilità. Doveva pertanto essere stampato con una copertina bianca e neutra, non doveva essere presente la trama, né tantomeno ci dovevano essere informazioni che riguardassero Salinger stesso. L’edizione di Einaudi del 2014 rispetta l’intento dell’autore, pubblicando un libro dalla linea minimalista. Eppure Salinger non si aspettava, forse, che il suo beniamino Holden Caulfield fosse immediatamente riconoscibile. Per cosa? Per il suo modo dirompente, diretto, giovanile, frizzante, pungente e ironico di comunicare. 

Il libro è incentrato su una narrazione in prima persona, dunque i caratteri degli altri personaggi si mostrano grazie a dialoghi molto espressivi. Salinger non descrive la prossemica o l’espressione del volto, nonostante ciò siamo in grado di “sentire” i personaggi che parlano.

«Non mi sono presentato. Mi chiamo Jim Steele,» le faccio.

«Ce l’hai un orologio?» mi fa lei. Del mio nome sai che le fregava, ovviamente. «E quanti anni hai?»

«Io? Ventidue.»

«Sì, mia nonna.»

O ancora:

 «Come va la vita sessuale?» gli ho chiesto. Odiava quando gli chiedevi

roba del genere.

«Datti una calmata,» mi ha detto. «Mettiti comodo e stai calmo, Cristo.»

«Sono calmissimo,» gli ho detto. «Come va alla Columbia? Ti piace?»

«Certo che mi piace. Se non mi fosse piaciuta non ci sarei andato,» mi ha detto. […]

«Che indirizzo hai scelto?» gli ho chiesto. «Pervertiti?»

Un’altra autrice in grado di maneggiare con sapienza i dialoghi è sicuramente JK Rowling con la saga che le è valsa la fama: Harry Potter. In un mondo magico popolato da creature, personaggi umani e non, archetipi di bontà e malignità, la Rowling punta tutto sull’elemento dialogico come elemento distintivo che ci permette di trovare le differenze tra gli uni e gli altri.

A differenza di Salinger, Rowling usa molto la prossemica e arricchisce i dialoghi di espressività facciali, fisiche e caratteriali. Qui si riesce fisicamente a “vedere” i personaggi mentre parlano, come si può riscontrare nel dialogo ad alto tasso di tensione che segue:

«Sì… è tutto molto interessante» commentò Hermione guardinga, «ma Harry, se stai pensando quello che credo tu stia pensando…»

«Beh perché no? Perché no?» ribatté Harry, abbandonando ogni ritegno. «Era una pietra, no?» Guardò Ron in cerca di sostegno. «E se fosse stata la Pietra della Resurrezione?»

Ron rimase a bocca aperta. «Cavoli… ma funzionerà ancora, dopo che Silente ha spaccato…»

Baricco è un autore complesso da leggere che spesso non mette d’accordo i suoi lettori. C’è chi ama la sua prosa senza confini e caotica, e chi la odia per gli stessi identici motivi. Qui non si tesseranno le sue lodi come scrittore in generale quanto, piuttosto, per il modo di trattare i dialoghi.

Nei libri di Baricco l’elemento dialogico è sempre libero, senza indicazioni di prossemica o altro. Mancano persino i segni di interpunzioni tipici della forma dialogica. In questo l’autore incarna perfettamente il suo intento di scrittura; i suoi libri sono a libera interpretazione del lettore, ed è il lettore che deve immaginare tutto, persino come parlano i personaggi. Tutta la potenza espressiva è data pertanto alle parole. Come in questo caso:

Era a una festa?

Non sono sicura di sentirmi molto bene.

Chiamo il portiere.

No per carità.

Forse farebbe meglio a stendersi.

Mi tolgo le scarpe, le spiace?

Ma si immagini…

Mi dica qualcosa, qualsiasi cosa. Se mi distraggo, mi passa.

O ancora:

Non mi ha preso per il culo, vero?

In che senso?

Ci è stato veramente in prigione.

Tredici anni.

Tredici?

Ho letto molto. Sono passati.

I libri citati in questi esempi sono, in ordine di apparizione:

  1. Il giovane Holden, Salinger.
  2. Harry Potter e i doni della morte, Rowling.
  3. Tre volte all’alba, Baricco.

Se darete loro una possibilità, i dialoghi non avranno più segreti per voi. E ricordatevi “rubare come un artista” non significa copiare, ma lasciarsi ispirare. 

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