Grillo scopre il garantismo

Il figlio di Beppe Grillo, Ciro, è accusato di stupro, insieme ad altri tre ragazzi, per un fatto risalente all’estate del 2019 dagli inquirenti di Tempio Pausania. Avrebbero costretto, stando alle accuse, una ragazza italo-svedese ad avere un rapporto sessuale contro la sua volontà. Avverso all’accusa è il Garante grillino, che in un video ieri ha sfogato tutta la sua rabbia. “Mio figlio è innocente, se non avete arrestato mio figlio, arrestate me perché ci vado io in galera”, dice Beppe. Che in un passaggio del filmato aggiunge l’evidenza della consensualità: la ragazza avrebbe acconsentito. 

Il fatto sarà giudicato non tanto in base alle parole di Grillo, che nel suo stile provocatorio fa emergere la rabbia di un padre, bensì grazie alle indagini e ai fatti. Poi egli, da papà, può dire ciò che vuole, irrilevante, tuttavia, ai fini delle investigazioni. Quanto avvenuto è una sorta di legge del contrappasso politico-giudiziario, per cui Grillo, giustizialista fino all’osso, oggi scopre il garantismo come mai avrebbe voluto né immaginato di fare. E subisce le vendette tanto attese da coloro i quali ha vituperato e accusato per anni. Come Maria Elena Boschi, che ha commentato: “Si vergogni, fa torto a tutte le donne vittime di violenza”. Non si è fatta attendere, insomma, la rivalsa dell’ex ministro, anche perché il direttore di riferimento dell’area grillina, cioè Travaglio, non ha mai brillato di garantismo verso la vicenda “Banca Etruria”. “Babbo martire”, diceva il frontman del Fatto Quotidiano del padre della Boschi, caso poi archiviato l’anno scorso; “Il premier Gentiloni ritiri le deleghe alla Boschi”, affermava l’allora capogruppo 5S alla Camera, Roberto Fico.

Presunzione d’innocenza e processi mediatici la cui fuga d’informazioni genera drammi umani e casi sociali sono due concetti ignoti a Beppe Grillo, Garante di un Movimento che ha costruito la sua propaganda sui processi a Berlusconi e Renzi, per anni sentenziati come colpevoli già prima di processi e responsabilità verificate nelle aule di tribunale. Oggi, forse per la prima volta, vive sulla propria pelle la circostanza contraria: deve aspettare lo svolgersi delle indagini ed eventualmente l’esito del processo, e soprattutto difendersi ricordando ciò alla politica e alla stampa. Due pesi e due misure che odorano di convenienza. “Quando i guai sono degli altri, li ingigantisco, quando poi tocca a me, mi appello ai princìpi”, sembra pensare Beppe Grillo. 

Le parole dette nel video hanno toccato anche il tasto, purtroppo dolente, della violenza sessuale. Il reato di stupro, a differenza di alcune altre circostanze contenute nel medesimo codice penale, è moralmente segnante. Le donne, vittime di abusi, vivono l’incubo per tutta la vita. Secondo l’Istat, il 31.5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito violenze fisiche o sessuali nel corso della propria vita; il 5.4% è stata vittima di stupro o tentato stupro. A detta di Grillo, una ragazza è consenziente perché denuncia dopo 8 giorni e il pomeriggio dell’ipotetico stupro va a praticare kitesurf. Avrebbe dovuto raccontare tutto e subito, invece non l’ha fatto, allora si desume la compiacenza. A primo impatto, la spiegazione appare come irragionevole: spesso molte donne neppure denunciano per paura di ritorsioni, oppure, se lo fanno, agiscono dopo settimane o mesi, dopo cioè aver metabolizzato per quanto possibile l’accaduto. 

Ecco che la toppa è peggiore del buco. Grillo è conscio di aver ricevuto la vendetta più atroce che potesse subire, ossia quella di chi grida sempre “al lupo al lupo” mentre stavolta “il lupo” ce l’ha in casa. Chi è garantista ab origine, non solo a parole, ma altresì nei fatti, tiene a mente l’art. 27 della Costituzione, che definisce la presunzione d’innocenza. Ciro Grillo sarà stupratore solo a sentenza passata in giudicato. Fino a quel momento, sarà soltanto un ragazzotto vivace, che di certo in vacanza al mare non se ne sta sotto l’ombrellone, figlio di un uomo controverso sotto molti punti di vista, dalla politica all’umanità. Figlio, inoltre, di un leader politico che ieri urlava “galera” e oggi chiede “giustizia”. 

2 Commenti

  1. Bravissimo Domenico Ercoli. Condivido al mille per cento le tue parole e questo mi rende ancora più orgoglioso di collaborare scrivendo talora articoli sulla medesima rivista.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here