Greta non merita il popolo della gogna

Negli ultimi giorni l’opinione pubblica è tornata alla carica contro Greta, l’attivista svedese che sta sensibilizzando il mondo sulle questioni ambientali. In particolare, di recente è stata indetta la Week For Future, una settimana ricca di eventi in oltre 1000 città e 115 Paesi per combattere i cambiamenti climatici. La giovane ambientalista è scoppiata in lacrime davanti ai microfoni dell’ONU, con il dichiarare la sua contrarietà a chi le ha “rubato i sogni e l’infanzia”. Il riferimento, s’intende, riguarda i leader che finora hanno ignorato il deterioramento climatico.

Ad ogni modo, finalmente qualcuno ha deciso di mostrare coraggio e prendere in mano la situazione ambientale. Perché accanirsi? È una giovanissima ragazza che sta conquistando il mondo delle cronache e provando a ristabilire un equilibrio nel pianeta in cui tutti vivono. Cosa importa se Greta sia un fatto spontaneo e naturale, oppure una macchina politica si nasconda dietro al suo personaggio, come affermano molti cospirazionisti del web. Che, magari, si convincono dei propri dietrologismi per giustificare la loro coscienza quando gettano con inciviltà oggetti a terra. Il negazionismo climatico ormai è un problema superato: chi nega i cambiamenti, soffre di miopia grave. Eppure, pochi decidono di adoperarsi per cambiare le carte sul tavolo. Allorché una ragazza, affetta dalla sindrome di Asperger, che riduce notevolmente le capacità di relazioni sociali, manifesta la sua volontà e sfida la propria patologia, gran parte del popolo la aggredisce, talvolta con accuse d’insulto. Non è questa la strada per il miglioramento di una società socialmente in crisi; Greta è l’esempio buono di un tessuto sociale sfaldato, a maglie larghe, menefreghista, che del motto latino hic et nunc considera solo il nunc e ignora l’hic, ossia l’azione, la prima marcia innestata verso il traguardo.

Prima della comparsa di Greta, tanti ignoravano, ad esempio, che ogni anno in Europa oltre 350.000 persone muoiono a causa dell’inquinamento dell’aria dovuto alla produzione di carburante fossile. L’impatto del riscaldamento globale è devastante altresì sulla quotidianità della gente: l’ansia e lo stress aumentano di gran lunga. Nei prossimi anni, di questo passo, le colture di base nelle terre Mediterranee si ridurranno dal 10 al 15 per cento. Così, per incuria, rischia di estinguersi progressivamente una delle migliori tradizioni culinarie mondiali, cioè la dieta mediterranea. Nel mondo sono aumentate le malattie infettive causate dall’innalzamento delle temperature e cresce la possibilità di avvelenamento dei cibi da virus come la salmonella, che prediligono habitat più caldi. Immaginare simili complicazioni sanitarie, per esempio, in un continente come l’Africa, già massacrato da virus e povertà, rende il quadro ancor più terrificante. Con tutti i problemi (migratori, di reperimento delle materie prime) ad esso annessi.

A causa dell’incoscienza e di uno spirito critico ma irrazionale, che porta al rifiuto di chi vuole migliorare le cose perché visto come un nemico della propria pigra routine, si rischia di perdere quanto di più caro si possiede. Cambiare implica modificare: sarebbe troppo facile risolvere i problemi del mondo in comodità. Chi è disposto a salvare la terra dei propri figli, segua l’esempio di Greta e percorra le orme del buon senso. Chi intende continuare a disinteressarsi delle tematiche ambientali, almeno non sentenzi scempiaggini. Ben venga il contraddittorio, purché costruttivo.

Greta non merita il popolo della gogna; è il popolo del menefreghismo a meritare la gogna della natura.

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