Cento anni fa la nascita di Giulio Andreotti, uno dei più importanti e controversi protagonisti della storia repubblicana.
Sottile, acuto, sempre pronto alla battuta, con quell’ironia che ha caratterizzato tutta la sua vita politica e personale.
In Parlamento sin dal 1945, è stato sette volte Presidente del Consiglio, otto volte ministro della Difesa, cinque volte ministro degli Esteri, due volte delle Finanze, una volta ministro dell’Interno e del Tesoro.
Inizia la sua formidabile carriera politica al fianco di Alcide De Gasperi che lo designa, nel ’45, membro dell’Assemblea Nazionale del Regno d’Italia e lo candida alla Camera dei Deputati nelle elezioni del 1946 e Sottosegretario di Stato appena due anni dopo.
Da qui un crescendo che lo vedrà trasformarsi in uno degli uomini più influenti della nazione. Ma più che un uomo politico Andreotti può essere definito, realmente, un uomo di Governo, come si capisce dal fatto che il suo potere fosse maggiore nei ministeri che non all’interno della Democrazia Cristiana.
Fenomenale nella gestione del potere e nell’amministrazione dello Stato, si è battuto per mantenere la nazione equidistante dalla deriva comunista come da un nuovo avvento del fascismo.
Rappresentante di un’Italia nel Mondo mai provinciale e sempre protagonista, capace di essere equilibratore tra i due fronti della “Guerra Fredda”.
Un uomo, un rappresentante delle Istituzioni, tanto colto quanto oscuro, tanto capace quanto controverso. Ma anche se avvolto da ombre, Andreotti rimane, ancora, un esempio virtuoso di come un politico dovrebbe essere.
Lo studio, l’approfondimento, la capacità tanto nel parlare quanto nel tacere dovrebbero essere pane quotidiano per neoparlamentari come per i rappresentanti del Governo.
Ma la Seconda Repubblica, come la terza, non è stata quella degli Andreotti, dei Cossiga, dei De Gasperi.
Alla preparazione si è preferita la presenza scenica, alla competenza l’onestà presunta, al dialogo e alla mediazione pugno duro e intolleranza. E allora, a cento anni dalla nascita, visto il decadimento dell’odierna classe dirigente, penso quanto manchi un “Divo Giulio” alla nostra bella Italia, schiava di una classe dirigente incapace e logorata dal potere.