Giù dalla cattedra: la scuola e i supplenti di serie B

L’epidemia da Coronavirus, in molti casi, ha fatto emergere diseguaglianze sociali e problemi rimasti sotto la soglia di attenzione minima dell’opinione pubblica. È successo, ad esempio, con le numerosissime assunzioni lampo di medici a tempo determinato: giovani in prima linea, mandati a fronteggiare un’emergenza senza nessuna certezza di una futura assunzione stabile.

Questo stesso meccanismo si sta ripresentando nel mondo della scuola: oltre ai docenti di ruolo e ai supplenti regolarmente previsti, il Decreto Rilancio prevede anche l’assunzione di una quota extra di docenti esclusivamente allo scopo di favorire lo sdoppiamento delle classi numerose. In quest’ultimo caso, però, la loro assunzione è subordinata a una condizione mai sperimentata prima nella scuola italiana del ventunesimo secolo: in caso di lockdown, non solo il contratto di lavoro con questi docenti sarà automaticamente risolto per giusta causa, ma i docenti non godranno dell’indennità di disoccupazione.

La misura è quantomeno insensata: questa situazione crea delle disparità in una categoria già eccessivamente frammentata come quella dei docenti e, inoltre, priva un gruppo specifico di lavoratori di un diritto senza motivo, dato che le responsabilità dei docenti di serie B non sarebbero in nessun aspetto differenti rispetto a quelle degli altri.

Intanto, la CGIL lancia una provocazione e mette in dubbio la fattibilità di un rientro in presenza a settembre: tra graduatorie poco chiare, assunzioni di serie B e fumose linee guida per la sicurezza, si rischia infatti di non vedere garantiti i diritti elementari dei docenti e di favorire occasioni di contagio.

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