Giù dalla cattedra: la scelta di Leo

La storia in oggetto è interamente frutto dell’immaginazione di chi scrive e ha il valore di exemplum. Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale

Leo ha tredici anni e ha i capelli rossi. Gli piacciono da morire i Lego: quando sua mamma e suo papà lo portano al centro commerciale, fosse anche solo per comprare un chilo di mandarini, devono calcolare venti minuti di permanenza nel punto vendita Lego. Non saprebbero dire se Leo apprezzi l’aspetto educativo, se si renda conto di essere appassionato a qualcosa che, si dice, ‘fa bene’. Forse, si dicono le rare volte che riescono a cenare da soli, Leo ama semplicemente i colori. 

Quando sono a cena da soli, vorrebbero non parlare di Leo, questi genitori, ma finiscono per farlo sempre. 

Le cene più difficili sono quelle che vengono immediatamente dopo la consegna delle pagelle. San Valentino, per esempio, è un dramma vero; anche le cene di fine giugno però non scherzano. 

Leo ha tredici anni e frequenta la terza media, che adesso si chiama secondaria di primo grado. Non riporta insufficienze, non è un ragazzo che non si impegna. Certo, in classe a volte si annoia, soprattutto se non ha qualcosa per le mani: prende in mano qualsiasi cosa, che sia un paio di forbici o il diario del compagno dalla santissima pazienza che gli siede accanto. Gli piace costruire qualcosa, che sia un progetto, un cartellone, un solido in polistirolo. In tecnologia e informatica è bravissimo, preciso, pulito. In matematica zoppica ma se la cava. Per le lingue si trova spesso in un mare di guai, perché Leo è nato in Belgio. Suo papà è francofono e sua mamma, anche se italiana, è madrelingua francese, e chi avrebbe mai immaginato che sarebbero riusciti a tornare in Italia? Così è stato cresciuto a pane e francese o quasi, e quando è arrivato in Italia aveva già quasi dieci anni. Si è adattato bene, ha imparato bene anche la lingua del paese di adozione. In francese non avrebbe comunque alcun tipo di problema; l’inglese, però, lo mette un po’ in crisi. Sua mamma, abituata a passare continuamente da una lingua all’altra, un po’ lo capisce si ricorda che anche lei ha fatto un po’ di fatica ad adattarsi ad una lingua diversa .

Leo ha tredici anni, è socievole e ha un sacco di amici. Adesso gli piace anche una ragazzina della sua classe, e a Natale ha preso coraggio e ha chiesto a suo papà di aiutarlo a comprare qualcosina da regalarle a gennaio. Sua mamma spera che non abbiano comprato paccottiglia, teme che la ragazzina si ritrovi con i trucchi giocattolo della Mattel. O la collana di legno dell’erboristeria. 

Leo è un ragazzino assolutamente normale e assolutamente comune è che, a gennaio della terza media, i suoi genitori non abbiano bisogno di aspettare la pagella per una delle mille cene a due in cui parlano di Leo. Solo che stavolta scelgono una pizzeria rumorosissima, e si ritrovano a dover alzare un sacco la voce; a riflettere ad altissima voce, per dire così.

I professori di Leo non consigliano il liceo. Nessun liceo, a dire la verità. 

A loro sembra un po’ strano: nemmeno a loro piace l’idea di un liceo linguistico, sanno che Leo lo frequenterebbe malvolentieri. Il classico è fuori discussione a prescindere, anche se la mamma di Leo sente una piccola fitta di dolore nell’escluderlo: lei lo ha amato tanto…

Uno scientifico: perché no? Magari uno di quelli senza il latino, com’è che si chiamano… informatizzati? Tecnologici? Ne hanno girati sei o sette, sono andati agli open day, Leo ha guardato tutto e non si è fatto nemmeno un’idea precisa; è uno concreto, lui. Ha bisogno di viverle le situazioni, immaginarle in astratto non è la stessa cosa. Impara dai suoi errori e dalle sue fatiche. 

E adesso, mamma e papà non sanno che fare. Il che è grave, pensano: si presuppone che gli adulti siano loro. Il bambino (ma ha senso chiamarlo ancora così?) non prende una decisione, e allora ci dovrebbero pensare loro. 

Cos’è che hanno detto i professori? Un istituto tecnico, magari l’indirizzo  per geometri. Il professore di tecnologia era molto convinto. Il professore di italiano era convinto anche lui, ma si vedeva che era preoccupato: si vedeva che si stava chiedendo come i colleghi di qualsiasi scuola superiore avrebbero proseguito il suo lavoro su Leo, francofono di base e italiano di adozione.

I genitori di Leo vorrebbero un liceo per Leo, ma piano piano, urlandosi a vicenda  davanti alle pizze, si rendono conto che lo vogliono perché qualcuno lo considera una assicurazione: contro i contesti sociali insoliti, contro la società che va a ramengo, contro gli imprevisti. La collega non racconta sempre che suo figlio è dovuto scappare via da un istituto aeronautico? E quell’istituto tecnico lì, sulla statale, sembra sempre un covo di teppisti. Lo vedono sempre pieno di ragazzetti con le canne in mano. E poi è decadente, la struttura è fatiscente e cade a pezzi. Chi vorrà mai insegnare in un posto così? Sarà tutto un andirivieni di professori supplenti…

In Italia abbiamo una solida tradizione liceale: forse la più valida, o quantomeno una delle migliori. Eppure, non di solo liceo si vive. Il 54% degli studenti italiani continua a preferire un percorso liceale, ma ci sono validissimi percorsi alternativi, come gli istituti tecnici che hanno accolto, lo scorso anno, il 31% degli iscritti: un dato in crescita che si spera sia letto dalle famiglie come un incoraggiamento al buon senso, un’altra luce alla fine dell’ansiogeno tunnel della scelta. Fanno riflettere, invece, i dati che riferiscono di un continuo calo di iscrizioni nel settore dell’istruzione professionale: un segno evidente che, per valorizzare pienamente i percorsi di formazione, non si può lasciare che alcuni indirizzi facciano da fanalino di coda. 

Valorizzare tutte le nostre scuole si può e si deve: forse, è necessario ripensare l’idea di pubblicità formativa e non limitarla alla pratica dell’open day e all’abitudine del flyer tanto per. Informare correttamente è il primo passo che una scuola può e deve compiere per accogliere studenti consapevoli.

Fonte dati: MIUR, Le iscrizioni al primo anno di istruzione e formazione (rapporto del 2 luglio 2019)

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here