È una verità universalmente riconosciuta che, in perfetta sincronia con l’avvicinarsi delle vacanze di Natale, schiere di genitori tirino fuori, insieme all’albero e al presepe, la polemica sui compiti delle vacanze. Possono scegliere se farlo con discrezione, con dei timidi suggerimenti alla rappresentante di classe, con un accenno ammiccante al docente coordinatore; oppure possono concepire un post su Facebook o scrivere lettere d’amore per la bramata libertà che vedono sparire all’orizzonte, per poi mandarle ai giornali sfruttando canali segretissimi e stare a vedere se i docenti dei loro figli recepiscono.
Intanto, ogni possibile istituzione mediatica in cerca di click si sistema ai blocchi di partenza: si sa, questo è un argomento caldo, l’articolo sui compiti delle vacanze lo leggono tutti!
Accade dunque che si sollevi un polverone tossico, un clamore inutile, una selva di commenti ostili. È molto difficile, a questo punto, riflettere sul reale perché di questa oscura tortura medievale che denominiamo compiti delle vacanze, e pochi si chiedono, peraltro, come mai qualcosa che, fino a pochi anni fa, era impunemente dato per scontato, risvegli adesso gli istinti più bassi della massa pronta a crocifiggere il crocifiggibile.
Cosa è cambiato?
Probabilmente, noi.
Le nostre priorità, il tempo che possiamo dedicare ai nostri figli, la qualità del tempo che gli dedichiamo, la lucidità mentale necessaria per buttare un occhio ‘su quel quaderno così disordinato, mai che gli venga tutto bene, mah!’; il numero di vacanze per famiglia, il numero di membri per famiglia, la dislocazione dei vari membri della famiglia.
Motivo, quest’ultimo in particolare, per cui la vacanza non è un tempo eterno e pacifico che si dilata tra un torrone e un regalo da scartare, passando per ‘Ti voglio bene Denver’ in televisione. Vacanza, oggi, significa recuperare in extremis il tempo necessario per viversi i rapporti in maniera adeguata, e farlo con l’ansia che non sia abbastanza. E far convivere questa ansia con l’altra grande preoccupazione del mondo globalizzato: che i figli non diventino persone ‘di successo’.
Nessun giudizio: siamo noi stessi figli di un’epoca stanca e veloce. Non ci sono colpe di nessuno.
Non serve caricare i nostri studenti come muli, questo no: sappiamo noi stessi quanto sia arduo riservarsi un’ampia distesa di tempo, per fare qualsiasi cosa che non sia adempiere a un impegno, un appuntamento, un dover essere da qualche parte.
La giusta quantità di lavoro, però, gliela diamo: lo facciamo per il loro bene, e non solo perché non dimentichino ciò che hanno imparato in classe. È bene farlo perché imparino a organizzare e ritagliare il loro tempo personale, magari anche meglio di noi, personaggi di una storia veloce che ci riusciamo così poco e così male.
È bene anche che le intenzioni siano condivise: se i docenti assegnano e mamma e papà glissano con sufficienza (o fanno i compiti al posto dei figli), allora non ci siamo: meglio pochi esercizi, ma fatti dallo studente, con tutti i suoi errori e il suo processo mentale. Regola d’oro, questa, che dovrebbe valere per tutti i compiti a casa, sempre
In Alto Adige da diversi decenni è rigorosamente vietato dare compiti o cose da studiare per qualunque tipo di vacanza e attraverso il fine settimana, vietato interrogare di lunedì e anche fare di lunedì compiti in classe, tranne il caso in cui i compiti in classe richiedano due ore e si abbia l’ora doppia solo in quel giorno. Forse così è un po’ esagerato, ma i compiti per le vacanze sono veramente una cosa obbrobriosa, e per favore non raccontiamoci la ridicola favoletta del tenersi in esercizio: lo sappiamo benissimo, perché lo abbiamo fatto tutti, che i compiti delle vacanze si fanno metà l’ultimo giorno e metà i giorni successivi contando sul fatto che gli insegnanti non potranno correggere tutto il primo giorno. Da insegnante in pensione con 36 anni di servizio lo dico con la massima convinzione: la farsa dei compiti delle vacanze è un’idiozia da abolire.