Secondo i dati Istat del 2020, durante la crisi pandemica, molti giovani hanno smesso di cercare lavoro. Inoltre, secondo Eurostat, l’Italia detiene il primato europeo per divario fra occupati giovani (20-29 anni) e anziani (55-64 anni). Ciò che fa molto preoccupare è la tematica legata ai Neet (Not in Education, Employment or Training): i giovani che, oltre a non essere occupati, non sono inseriti in un percorso di istruzione né di formazione. Sempre secondo Eurostat, i Neet italiani sono il 22,2% dei 15-29enni (contro una media UE del 12,5%), con un’incidenza al Sud più che doppia rispetto al Nord. In quasi la metà dei casi (circa un milione di persone), i Neet hanno più di 25 anni. I Neet sono una categoria estremamente variegata, composta da individui con esperienze e motivazioni anche molto diverse fra loro. Dunque ci si riferisce a studenti e lavoratori che, dopo aver investito risorse per ottenere un determinato titolo di studio, faticano a trovare una risposta positiva dal mondo del lavoro.
Nello studio di Boston Consulting Group (BCG), società di consulenza strategica, quasi 10 milioni di lavoratori italiani sono sovraqualificati o sottoqualificati. Una situazione causata anche da ritardi enormi nella formazione scolastica e professionale, da azioni politiche non sufficienti a promuovere lo sviluppo di nuove competenze e dall’arretratezza del nostro Paese nell’adozione del lavoro da remoto. Questo studio del dicembre 2020, intitolato “Alleviating the Heavy Toll of the Global Skills Mismatch”, BCG utilizza un indice composto da 59 indicatori (FSA Maturity Index) per analizzare lo skill gap (assenza di risorse dotate di competenze per svolgere un determinato lavoro) e lo skill mismatch (mancanza di competenze adeguate per lo svolgimento di un impiego a causa dell’evoluzione delle tecniche e dei mezzi di lavoro) in 75 Paesi, che costituiscono il 95% del PIL mondiale e il 79% della popolazione. Secondo l’FSA Maturity Index, l’Italia si trova al 34esimo posto, dopo Cile e Malesia. La sua percentuale di skill mismatch ammonta al 38,2% con quasi 10 milioni di lavoratori male assortiti.
Tra i settori di maggior ritardo secondo lo studio c’è proprio la formazione: l’insegnamento del pensiero critico ha un punteggio di 43 punti (più basso del 50% dei Paesi al vertice) e, per quanto concerne la formazione e impiegabilità continua, il livello di partecipazione ai MOOC (Massive Open Online Courses) in Italia è due volte inferiore a quello dei Paesi leader. In molti Stati europei il problema non si pone, perché il dialogo costante fra il mondo dell’istruzione e il mondo del lavoro permette a domanda e offerta di adeguarsi a vicenda.
Sono tanti i fattori che frenano l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. In una società sempre più globalizzata è essenziale la flessibilità, la conoscenza delle lingue, l’abilità di problem solving e capacità di collaborare con persone provenienti da contesti diversi e le capacità informatiche. Secondo lo studio di BGC, è necessario adattare i programmi scolastici a quanto richiesto dal mondo del lavoro, promuovendo il dialogo tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro.
Pertanto non si può semplificare le tematiche inerenti al mondo giovanile con stereotipi e luoghi comuni che spesso si sentono. Per comprendere meglio la portata del problema, possiamo analizzare l’attuale Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in cui si evidenzia che a fronte di circa il 31% di giovani sotto i 24 anni che cercano un’occupazione, ma non la trovano, il 33% delle imprese lamenta difficoltà di reclutamento. Le cause sono una media bassa di persone in possesso di un titolo di studio terziario (28% in Italia contro la media UE del 44%) e un bassissimo livello di qualificazione tecnico-scientifica. Nell’affrontare questo problema, il PNRR prevede quasi 32 miliardi di euro destinati al rinnovamento dei percorsi di formazione, ad una loro maggiore digitalizzazione e rafforzamento degli istituti professionali che negli altri Paesi rappresentano una risorsa importantissima per la formazione di figure pronte all’impiego immediato. Nell’idea di progettare un mondo post Covid-19, stiamo assistendo ad un totale mutamento del mercato del lavoro: nuove professioni di cui oggi ancora non siamo a conoscenza. Per affrontare le sfide del domani è cruciale che gli attuali studenti e le prossime generazioni abbiano gli strumenti necessari per entrare nel mercato del lavoro per incentivare lo sviluppo e la ripresa economica di cui abbiano urgentemente bisogno.