Giorgia Meloni abbatte gli stereotipi del femminismo di sinistra

L’onore ai vincitori e, nel caso delle elezioni appena trascorse, l’onore al centrodestra. Giorgia Meloni, combattendo gli stereotipi e i luoghi comuni, ha saputo costruire un governo in poco tempo, coerentemente con le urgenze nazionali e internazionali, e senza chinare il capo ai diktat degli alleati. L’Italia, da ieri, dopo 74 anni di repubblica, poiché fino al 1945 le donne non avevano diritto all’elettorato passivo e attivo, ha una presidente del Consiglio donna. 

In questi anni, la retorica femminista ha dominato il dibattito soprattutto a sinistra. Laddove i dati raccontano un’indecorosa diversità salariale e una possibilità di accesso alle cariche istituzionali più complicata per il genere femminile, la sinistra ha cavalcato tali problemi per generare un’audience che, alla fine, poco ha risolto. Nell’attuale assetto parlamentare, ad esempio, la percentuale di donne nei gruppi parlamentari del PD è meno di un terzo. Il Partito Democratico, primo avversario di Giorgia Meloni e alfiere della sinistra in Italia, è un partito maschilista che utilizza le femministe, come Laura Boldrini, in maniera strumentale. Anziché creare una leadership femminile, basata sulla capacità e non sul mero genere, d’accordo, ma almeno provare a cercare dei volti competenti, il PD si è esercitato nello sport di governare senza vincere le elezioni. Stavolta, però, quella disciplina è stata esclusa dai giochi ed è rimasto all’opposizione. In più, con una segreteria da rinnovare e un leader dimissionario. Il partito va riformato al prossimo congresso? E perché non aprire già la strada a donne capaci, candidate alla guida del partito? Le presenze non mancano, a prescindere dalle inclinazioni e dalle diversità di vedute di ciascuna: Elly Schlein, Paola De Micheli (che si è dovuta autocandidare), Debora Serracchiani, Simona Malpezzi e così proseguendo. I politici ci sono, manca la volontà di dargli spazio, malgrado le chiacchiere e le retoriche. 

Dall’altra sponda dell’emiciclo, invece, Giorgia Meloni ha insegnato tanto su come le donne possono arrivare a ricoprire ruoli apicali. A maggior ragione se con una storia personale difficile alle spalle e senza l’aiuto di nessuno all’inizio della carriera. Oggi la Meloni, dopo Renzi, è il più giovane premier della storia repubblicana, benché guidi un partito che affonda le radici in una ideologia politica precisa, alla cui origine le donne non erano considerate granché. Un successo netto, quindi, non solo alle urne; frutto di un’opposizione strutturata e coerente ma anche di una perseveranza non indifferente nel rimanere impassibile, anche quando la politica maschilista la costringeva a farsi largo tra uomini impomatati. Se la cronaca politica ci ricorda come lei abbia affrontato Salvini e Berlusconi nelle trattative di governo, soprattutto le invettive del secondo, imponendosi con rigore, occorre anche riflettere sul suo trascorso nel centrodestra. Perché se è vero che la sua prima esperienza ministeriale fu grazie a Berlusconi (2008, ministro per la gioventù), è altrettanto vero che nel 2013 ebbe il coraggio di salutare il presidente di Forza Italia, dopo l’esperienza unitaria del PDL, per fondare un partito, Fratelli d’Italia, che nell’era del berlusconismo avrebbe avuto spazio ristretto. Ciononostante, con necessari miglioramenti personali e doverosi cambi di idea rispetto ad alcune affermazioni passate, ha portato avanti un’opposizione chiara nei confronti di tutti i governi che di lì si sono susseguiti. Così si è guadagnata il consenso degli italiani, che l’hanno premiata con un voto in percentuale crescente dall’1.96% al 27%. 

Donna pratica, ha saputo essere protagonista di un cambiamento importante, arrivato troppo tardi rispetto alla proclamazione della repubblica. Senza mettere in scena una crociata sulla retorica femminile, Giorgia Meloni si è guadagnata un posto nella storia. Che non basterà a renderla anche una brava presidente del Consiglio; per quello servirà il duro lavoro e la collaborazione dei suoi ministri. La speranza è che questo traguardo possa aver rotto un tabù, sbandierato dalla sinistra e vinto, coi fatti, dalla destra.  

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