Gian Maria Volonté (1933-1994) può essere definito senza timore di smentita uno dei più grandi attori mondiali.
Nel suo “Se” si fusero mondi diversi, a volte opposti, ma sempre al servizio l’uno dell’altro: l’arte e la politica. Quest’ultima irruppe nella sua vita fin da bambino, infatti il padre Marco Volonté fu un fascista convinto a capo delle brigate nere di Chivasso.
Dopo la guerra, questo passato del padre fascista pesò su tutta la famiglia, causandole momenti difficilissimi. Forse proprio a causa di tutto ciò, la politica fu il motore esistenziale ed artistico di Gian Maria Volonté.
Egli diceva:“ Non sono un uomo politico, anche se milito in un partito di sinistra. Svolgo un lavoro che ha una precisa dimensione politica, ma resto sempre legato ai mezzi espressivi che mi sono peculiari.” Il Gian Maria Volonté che queste parole ci delineano è un uomo cauto, puntiglioso, diffidente. Non vuole tradire il suo pensiero, né peccare di evasività.
Durante la sua vita fu fatto oggetto d’ironia e di facili moralismi, ma egli scelse sempre di essere un professionista cosciente e responsabile non un malleabile strumento nelle mani dei produttori.
Il regista Francesco Rosi disse di lui:” Che rubava l’anima ai personaggi”. Ma egli guardò al suo lavoro di attore con severità, pronto all’autocritica. Gian Maria Volonté disse ancora: ”Ho affrontato una serie di temi che mi interessavano, da Indagine su in cittadino al disopra di ogni sospetto a Mattei, da Cristo si è fermato a Eboli a Porte aperte. Ho avuto la fortuna di interpretare queste pellicole al momento giusto”.
Gian Maria Volonté chiama “fortuna” la possibilità di ricoprire ruoli di tanto spessore, ma noi sappiamo che il suo modo di recitare si può definire unico, inimitabile. Nessuno come lui seppe usare il proprio talento al fine di migliorare la società a lui contemporanea. Come dimenticare l’interpretazione dell’anarchico e coraggioso Bartolomeo Vanzetti del film Sacco e Vanzetti o l’operaio Lulù Massa del film La classe operaia va in paradiso.
Gian Maria Volonté amò il teatro e importante fu la sua esperienza nel gruppo teatrale “Teatro Strada” che svolgeva un’azione di controinformazione e sensibilizzazione del pubblico. Con la macchina da presa continuò su questa direzione ampliando la possibilità di dialogo.
Emblema di tutto ciò fu il medio metraggio da lui diretto “La tenda in piazza”: dove raccolse le testimonianze dei lavoratori sulle loro condizioni e sulle loro speranze.
Quando si parla di Gian Maria Volonté è necessario travalicare i confini legati ad una ideologia politica, ma guardare ad un artista totale, appassionato che comunque creò eventi e discussioni dialettiche.
Morì proprio sul set di un film e forse l’ultima immagine che i suoi occhi videro fu la macchina da presa.