Prevista per oggi la ripresa dei negoziati al Cairo. Arrivate stanotte le delegazioni. Nuove ipotesi di tregua al vaglio.
E’ in agenda per oggi, 23 agosto, la ripresa dei negoziati al Cairo per il tentativo di tregua nella guerra in Israele successivamente allo stallo che si era creato nei giorni scorsi dopo la partenza del segretario Usa Antony Blinken da Tel Aviv a causa dell’irrigidimento di entrambe le posizioni.
In ballo ci sono varie questioni, dal rilascio degli ostaggi israeliani e dei prigionieri politici palestinesi all’incolumità di Yahya Sinwar, il nuovo leader di Hamas, fino al ritiro completo dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza, che include il corridoio Philadelphi, nato dopo il trattato del 1979 tra Israele ed Egitto e che separa l’Egitto dalla Striscia e di quello di Netzarim, creato durante l’attuale guerra, che va dal confine israeliano al Mediterraneo, separando di fatto il nord ed il sud della Striscia. Ed è proprio sulla gestione di questi due corridoi che si è creta una empasse nella prima fase delle trattative, coinvolgendo di fatto anche l’Egitto, secondo cui la richiesta del premier israeliano Netanyahu di mantenere le truppe israeliane nel corridoio Philadelphi, tra la Striscia di Gaza e l’Egitto quindi, costituirebbe una violazione del trattato di pace israelo-egiziano.
A tal proposito, il Cairo chiederebbe agli Stati Uniti specifiche garanzie, ossia che in caso i soldati israeliani dovessero lasciare i corridoi non vi tornino almeno durante i negoziati in corso. Sono varie le notizie sulle ipotesi di accordo: paventata anche una possibile presenza da parte delle Nazioni Unite in alcuni punti del Corridoio e dell’Unione europea nel valico di Rafah. Yahya Sinwar, capo politico di Hamas, sembra intenzionato a non andare incontro a nessuna intesa se prima l’Idf non abbandoni completamente la Striscia di Gaza, specialmente i territori dei corridoi di Netzarim e Filadelfia mentre Hamas sarebbe propenso ad accettare un veto su 50 nominativi di prigionieri palestinesi da liberare e sarebbe d’accordo sulla presenza di una forza internazionale. In realtà, secondo alcuni analisti israeliani, le posizioni di Netanyahu e di Sinwar sarebbero assolutamente inconciliabili.
Il primo infatti ritiene imprescindibile il controllo di Israele all’interno della Striscia di Gaza mentre Sinwar di fatto si augura un inasprimento della guerra di logoramento fra gli Hezbollah e Israele con una estensione del conflitto anche alla Cisgiordania ed all’Iran. Di notevole importanza nella ripresa dei negoziati è proprio il tentativo di evitare l’escalation con l’Iran, possibilità innescata a seguito dell’uccisione, lo scorso 31 luglio a Teheran, dell’ex leader di Hamas, Ismail Haniyeh.
Israele è infatti ancora in attesa di una risposta da parte iraniana e nel frattempo si tenta la via diplomatica e negoziale che possa scardinare la paventata rappresaglia già annunciata. In un Paese che si dice vicino alla causa palestinese ed i cui leader fomentano la popolazione all’odio verso la leadership israeliana, il portavoce delle Guardie della rivoluzione (Irgc), Ali Mohammad Naeini, ha detto che Teheran non sarà coinvolta in “azioni avventate”, dichiarandosi di fatto lontano da risposte militari impulsive e determinanti per l’incolumità dell’attuale Repubblica islamica.
Pressioni sull’Iran per un tentativo di distensione arrivano sicuramente dalle diplomazie di Francia, Gran Bretagna e Germania, che insieme agli Stati Uniti, nonostante l’Iran dichiari di non volere interferenze nelle proprie scelte di politica estera, hanno un importante peso negoziale poiché coinvolti negli accordi di Vienna del 2015 sul nucleare iraniano ed interessati ad una distensione dei rapporti bilaterali con la Repubblica islamica. Se da un lato l’auspicio è dunque verso la distensione dall’altra si tiene conto di quanto dichiarato dalla Missione permanente dell’Iran presso le Nazioni Unite a New York per cui la risposta della Repubblica islamica per l’assassinio del capo di Hamas, Ismail Haniyeh da parte di Israele, “avverrà in un momento di massima sorpresa“.
Nonostante la situazione, la delegazione Usa, guidata dal capo della CIA William Burns, il principale negoziatore americano per gli ostaggi, si dice fiduciosa. Il Presidente Biden, supportato dalla nuova candidata Kamala Harris, confermata nella corsa alla Presidenza, ha chiesto al premier israeliano Netanyahu maggiore flessibilità per arrivare a un’intesa. Anche la Harris, durante il discorso di accettazione della nomination alle elezioni per la Casa Bianca, ha affermato: “Sono per il diritto di Israele di difendersi, e mi assicurerò che abbia le risorse per farlo. Ora è il momento di un accordo per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Io e Biden stiamo lavorando per mettere fine alla guerra in modo che Israele sia sicuro, le sofferenze a Gaza finiscano e i palestinesi possano realizzare l’aspirazione per la loro autodeterminazione“. Il team, guidato dal capo del Mossad David Barnea, comprende anche il maggiore generale Eliezer Toledano, capo della strategia dello Stato maggiore dell’IDF.