Francia: il dilemma di Barnier

Alle ore 16 del 4 dicembre si svolgerà la votazione che deciderà il destino del Governo Barnier in seno all’Assemblea Nazionale, dopo che sono state presentate due mozioni di censura dai principali partiti di opposizione RN e NFP in parallelo all’attivazione dell’articolo costituzionale che consente di catalizzare l’approvazione della legge finanziaria e di quella sulla previdenza sociale.

Se le opposizioni dovessero prevalere nella votazione, dove si contano solo i voti favorevoli, si aprirebbero nuovi scenari di crisi e instabilità à l’italienne ai quali il sistema politico francese sembra poco abituato.

I possibili scenari

Se è vero che Marine Le Pen ha indicato ai propri parlamentari di votare assieme alla sinistra d’opposizione la loro mozione, allora la caduta del governo diverrebbe assai probabile. In tale caso la soluzione alla crisi dovrebbe essere comunque individuata in relazione ai risultati delle ultime elezioni; non essendovi alcuna possibilità di sciogliere l’Assemblea prima di un anno dallo svolgimento del voto; a meno che il Presidente non si dimetta. In quest’ultimo caso si avrebbe un accrescimento dei livelli di crisi politica; motivo per cui appare alquanto improbabile che all’Eliseo si opti per questa strada.

Appare chiara la necessità di negoziare su tutta la linea, anche se il tempo è poco e gli argomenti di contrasto rimangono innumerevoli. Barnier aveva tentato un’apertura a Le Pen concedendo margine sulle misure di rimborso per il costo dei medicinali, ma senza ottenere alcun successo. Il Primo Ministro ed i suoi consiglieri avevano operato con l’aspettativa di un’interlocuzione costruttiva con l’opposizione di destra, commettendo un errore di valutazione che potrebbe adesso compromettere non solo il mandato governativo ma soprattutto la dotazione e l’implementazione di misure finanziarie emergenziali e necessarie.

Alcuni partiti imputano al sistema maggioritario a doppio turno la colpa dell’attuale instabilità, un fattore traumatico in un sistema basato sulla cultura del centralismo amministrativo. Tuttavia l’insieme delle risultanze empiriche e dei trascorsi politici ci indicano che l’emergenza politica che la Francia sta vivendo non è dovuta a motivazioni sistemiche ma a soggetti partitici estremamente polarizzati e dunque incapaci di dialogare in tempi di crisi estemporanee alle dinamiche di interesse politico.

Qualcuno potrebbe già aspettarsi tentativi di imbastire governi tecnici fondati su larghe coalizioni; sempre nel caso di una caduta di Barnier. Uno scenario probabile, in questo senso, potrebbe vedere l’attuale Primo Ministro nuovamente incaricato ma con la ricerca di una coalizione diversa. Sarà interessante vedere se i Repubblicani, che rappresentano l’area di centrodestra, riusciranno a variare lo spettro anti-sistema offerto da RN e cooperare coi centristi macroniani per dare l’esempio di una possibile alternativa. In ogni caso appare chiara la prospettiva di lunghe trattative politico-istituzionali parallele ad un sentiero di fuoco che corre dall’Eliseo all’Assemblea Nazionale. La difficoltà insita nel districare promesse elettorali populiste con la necessità di compromessi politici sui progetti di legge legati alle misure finanziarie alimenterà tale prospettiva sino allo sblocco offerto o da un rinnovamento dei ranghi governativi o dal ritorno al voto dopo un anno.

Ripercussioni europee ed internazionali

Sul piano internazionale ed europeo occorre prestare attenzione all’importante ruolo che la Francia gioca. Eventuali situazioni di estrema instabilità politica potrebbero compromettere il ruolo di attivismo che Parigi perpetua sia in Africa sia nei teatri d’Asia e d’Oceania.

Un governo incapace di elaborare e di eseguire una strategia di politica estera rappresenterebbe un rischio quantomeno per l’Unione Europea, in uno scenario dominato dalla recente vittoria di Trump in cui la riscoperta dell’autonomia strategica europea diviene fondamentale e di cui Parigi risulta da sempre un attore chiave.

Inoltre bisognerà considerare la volontà, da parte di eventuali nuove maggioranze, di alterare gli sforzi tesi a supportare operazioni di proiezione di potenza nonostante le difficoltà già esistenti a livello di competitività internazionale, di cui si trovano esempi recenti negli accadimenti africani.

Dies irae

Qualunque sia l’esito della votazione parlamentare, dovremo aspettarci una giornata complessa per la politica francese; in quanto suscettibile di generare tensioni sul piano dei rapporti istituzionali con un grado di intensità mai sperimentato sinora.

Senza voler prendere in esame scenari azzardati, la spallata delle opposizioni sta già scuotendo le fondamenta dell’equilibrio di potere sedimentato dalla presidenza di Macron. Fin quando le opposizioni rimarranno separate a livello intenzionale e nelle votazioni esisterà ancora un margine di manovra per il governo. Ma se si dovesse arrivare ad un’intesa, anche temporanea, il blocco istituzionale potrebbe apparire insuperabile in virtù dei rigidi meccanismi che regolano i rapporti tra l’Eliseo e l’Emiciclo parlamentare.

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