Al via a Palazzo Bonaparte la retrospettiva del “Maestro dei volumi” con più di 120 opere, tra cui alcune inedite.
E’ stata inaugurata ieri, 16 settembre, la prima mostra in Italia dedicata al grande Maestro Fernando Botero, una retrospettiva completa con oltre 120 opere, tra pitture, acquerelli, carboncini ma anche sculture e straordinari inediti dell’artista ad un anno dalla sua scomparsa.
Curata da Arthemisia, da Lina Botero, figlia dell’artista e da Cristina Carrillo de Albornoz, grande esperta della sua opera, affiancati dalla Fondazione Terzo Pilastro Internazionale, alla rassegna stampa a Palazzo Bonaparte di Roma erano presenti anche i tre figli del Maestro che hanno ricordato il padre sia come uomo che come artista. Fernando Botero, figlio ed omonimo del Maestro, racconta che poco tempo prima della sua morte lo raggiunsero a Monaco, dove viveva, e gli chiesero cosa volesse che facessero dopo la sua morte. Lui rispose: “Vorrei che faceste tre cose: mostre, mostre, mostre”.
Una vita dedicata all’arte la sua, osteggiato dalla madre che lo ritenne un folle per la sua propensione alla pittura, si trasferì, squattrinato, nella New York degli anni ’50 in cui tutti gli artisti cercavano spazio ed espressione, ma fu in Italia che ebbe la sua ispirazione: si spostò a Firenze per studiare le opere del Rinascimento italiano dove si innamorò di Piero della Francesca ed iniziò da lì lo studio sui volumi che lo ha reso celebre in tutto il mondo: opere come il dittico “Da Piero della Francesca” celebrano la sua vocazione per l’artista fiorentino. La mostra, che esplora dunque anche la straordinaria relazione tra Botero e l’Italia, si apre con un’opera importantissima e mai esposta prima: “Omaggio a Mantegna” (1958), “La mia ambizione era di essere un pittore, e soltanto un pittore. Ho cominciato a dipingere a quattordici anni e da allora non c’è stato nulla che sia riuscito a farmi smettere. Vivo con una costante fame d’arte. Aspiro a esplorare i problemi fondamentali della pittura. Non ho mai trovato altro nella vita che mi causi altrettanto piacere.”
La sua inconfondibile visione, le forme morbide, esasperate, sono state il suo marchio distintivo che lo hanno reso uno dei maggiori esponenti dell’arte contemporanea. Influenzato anche da Goya, Manet, Dürer, Van Eyck, Rubens, Ingres la mostra segue il percorso dell’artista sia rispetto alle tecniche espressive sia relativamente alle tematiche affrontate dallo stesso. I suoi quadri sono opere di grandi dimensioni, con colori vividi e vivaci, con effetti tridimensionali, che spaziano dalla celebrazione degli artisti italiani, come nella “Camera degli sposi” di Mantegna, uno dei capolavori del Rinascimento, a quella della sua terra d’origine, la Colombia, acclamata ad esempio, con “Nostra signora di Colombia”, per approdare alle denunce della violenza in Colombia ed alle torture perpetrate ad Abu Ghraib, in Iraq.
Il fascino del volume aumentato, il suo tratto riconoscibile, è assolutamente presente anche nelle sue opere scultoree, tecnica che l’artista ha dichiarato di aver sperimentato dapprima creando piccole forme – visibili in mostra – per poi farle diventare sempre più grandi, monumentali – che è possibile ammirare passeggiando in Via del Corso a Roma. Botero non tralasciò mai le sue origini colombiane, definendosi “il più colombiano dei colombiani” creando un proprio riconoscibile universo, integrato ed unico, di volumi colori, forme, probabilmente distoniche, definibili magari oniriche ma vivaci ed uniche. Una esasperazione ed una celebrazione dei suoi soggetti per renderli presenti, visibili, riconoscibili ma anche ironici perché l’arte, diceva Botero, deve regalare piacere: “La forza di Botero risiede nell’aver adottato una cifra stilistica del tutto peculiare, unica e riconoscibilissima, a cui è rimasto sempre fedele, dilatando a dismisura i volumi di personaggi e oggetti in quella che vuole essere una celebrazione, anche ironica, dell’abbondanza e della positività” spiega il Professor Emanuele, mecenate e filantropo, storico Presidente della Fondazione Terzo Pilastro.
Presente in mostra anche “Las Meninas” di Velázquez, che Botero copiò durante il suo apprendistato al Prado da giovane studente ed opera mai esposta al pubblico poiché fin’ora appesa nello studio parigino di Botero ma anche il grande acquerello dell’Odalisca, una delle ultime opere che il Maestro realizzò nel 2023, visibile nella sala dedicata alle sue ultime sperimentazioni con la tecnica degli acquerelli su tela in grandi formati.
La mostra segue le tematiche care a Botero: oltre ai classici dunque il tema dell’America Latina, della religione, del circo, della natura morta e l’immancabile corrida. Un approccio sia tematico che tecnico variegato quello di Botero, che però non si allontana mai dal suo universo espressivo e dalla propria tipicità dei tratti.
Visitabile a Roma, a Palazzo Bonaparte fino al 19 gennaio 2025.