Il Governo Italiano fuori dalle trattative per rinnovare i più importanti incarichi europei, M5S senza gruppo politico al Parlamento Europeo.
Mentre in Italia si parla di Flat Tax, Quota 100 e del caso Sea Watch 3, il nostro Paese è sempre più isolato in Europa.
È verificato dagli ultimi risultati delle elezioni europee dello scorso maggio che hanno visto il trionfo della Lega, partito di governo. Uno dei pochi trionfi, insieme a quello del Regno Unito e Francia, di un partito euroscettico.
D’altronde nelle ultime elezioni europee si è visto la crescita di alcuni partiti euroscettici e la perdita di consensi dei partiti più istituzionali, cioè il Partito Popolare Europeo e il Partito Socialista Europeo, da anni alleati per controllare insieme le istituzioni europee.
Infatti ora Popolari e Socialisti stanno provando ad allargare la maggioranza a sinistra e al centro coinvolgendo i Verdi e il neo gruppo Renew Europe (formato dal vecchio gruppo Alde di Guy Verhofstadt ed En Marche, partito del presidente francese Macron), che oltre a quella degli euroscettici hanno beneficiato della perdita di consensi dei partiti più istituzionali (e che al Parlamento europeo hanno già collaborato con la maggioranza uscente).
La conseguenza più immediata è che l’Italia e il suo governo oggi sono tagliati fuori da ogni trattativa. Lo dimostrano gli ultimi appuntamenti istituzionali, in cui si discuteva dell’esito delle elezioni e del rinnovo degli incarichi di alto livello, il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, insieme alla prima ministra britannica uscente Theresa May, è stato l’unico leader europeo a non aver avuto incontri bilaterali con altri leader europei.
La gestione del potere nelle sedi europee segue criteri complessi, che tengono conto di parametri politici, geografici, di genere e logiche lineari. I gruppi politici che riescono a formare una maggioranza al Parlamento Europeo e nei vari organi di governo si spartiscono le cariche: tutti gli altri restano fuori.
Negli scorsi anni l’Italia è stata uno dei paesi più premiati dalla spartizione degli incarichi di primo piano. Alle passate elezioni del 2014 espresse la delegazione più numerosa di parlamentari europei, quella del Partito Democratico eleggendone 31, restando nell’ambito delle tradizionali famiglie politiche.
Oggi sono italiani il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani (FI) , l’Alto Rappresentante agli Affari Esteri, Federica Mogherini (PD), e il presidente della potente commissione Affari Economici del Parlamento Europeo, Roberto Gualtieri (PD).
Tutti questi incarichi scadranno entro l’autunno e l’Italia non riceverà in cambio nulla di paragonabile. Secondo quanto riportato a maggio da Politico: secondo fonti diplomatiche l’Italia potrebbe ottenere al massimo un commissario europeo di seconda o terza fascia, come quello al Mercato Interno e ai Servizi.
Difficilmente potrà essere espresso dalla Lega: per ottenere i voti necessari dal Parlamento Europeo dovrà essere indipendente, oppure abbastanza autorevole da non essere associato a un partito esplicitamente euroscettico.
E come se non bastasse, il M5S, il partito di governo e di maggioranza nel Parlamento Italiano, inizierà la prossima legislatura europea, che si aprirà il 2 luglio, senza un gruppo politico nel Parlamento Europeo. Sarà tagliato fuori da qualsiasi ruolo operativo nel Parlamento Europeo, anche da quelli
tradizionalmente riservati all’opposizione. Martedì 25 giugno scadeva, infatti, il termine stabilito dai gruppi del Parlamento Europeo per avviare i negoziati interni e spartirsi le cariche in vista della prima assemblea plenaria del Parlamento, che si terrà a Strasburgo il 2 luglio. In teoria il M5S e i suoi 14 eurodeputati hanno ancora fino all’1 luglio per unirsi a un gruppo politico in tempo per la prima plenaria: ma anche se dovessero riuscire a farlo sarà comunque isolato in mezzo a partiti con cui condivide
molto poco.
Bisogna ricordare che l’iscrizione a un gruppo è l’unico modo con cui un partito politico europeo può contare qualcosa, anche se si trova all’opposizione come nei casi di Lega e appunto M5S.
L’iscrizione a un gruppo permette di accedere ai fondi per garantirsi un ufficio, pagare i tecnici che collaborano alla stesura delle leggi (diversi milioni di euro ogni anno) e di essere coinvolti nella spartizione degli incarichi istituzionali e politici: come ad esempio le 14 vicepresidenze, assegnate proprio durante la prima sessione plenaria o la qualifica di relatore-ombra per le proposte della maggioranza.
Riproporre il gruppo politico a cui il M5S apparteneva nella scorsa legislatura, che si basava soprattutto sull’alleanza con lo UKIP di Nigel Farage, non è possibile. Il Brexit Party, erede dello UKIP, difficilmente prenderà parte ai lavori del Parlamento Europeo finché l’uscita del Regno Unito dall’UE sarà in programma (al momento dovrebbe accadere il 31 ottobre, fra quattro mesi). Fra i partiti che facevano parte di quel gruppo, il partito tedesco di destra radicale AfD ha aderito al gruppo di Matteo Salvini e Marine Le Pen; gli Svedesi Democratici hanno aderito agli euroscettici di ECR; i lituani di Ordine e Giustizia, il polacchi di Korwin e i cechi del Partito dei Liberi Cittadini sono rimasti fuori dal Parlamento Europeo, senza eleggere nessuno.
Durante le elezioni il M5S aveva lavorato per la formazione di un nuovo gruppo politico che potesse fare da “ago della bilancia” della nuova legislatura, come disse il vicepremier Luigi Di Maio.
Un nuovo gruppo politico formato da partiti di ispirazione populista di vari paesi europei, di questi solo i croati antiestablishment di ŽIVI ZID (Scudo Umano), ottenendo un solo seggio, sono riusciti a entrare in Parlamento Europeo.
Visti i risultati deludenti delle elezioni, il M5S aveva avviato una serie di trattative con i gruppi politici presenti nel nuovo Parlamento.
Nessuno dei gruppi politici europei guarda di buon occhio il M5S, rigettando di conseguenza la trattativa con loro.
Infatti poche settimane fa il capogruppo dei Verdi Philippe Lambert ha definito il M5S “un’ autocrazia gestita da una società di consulenza” (riferendosi a Rousseau e a Davide Casaleggio).
Con il gruppo Renew Europe, formato da En Marche e Alde, con il quale il M5S aveva già provato ad allearsi un paio d’anni fa senza successo, è impossibile riprovarci oggi.
Pertanto il M5S ha tentato di entrare nel gruppo GUE/NGL, che rappresenta la sinistra radicale e anti-capitalista e di cui fanno parte per esempio gli spagnoli di Podemos e la Sinistra tedesca.
Tentativo fallito. Nel gruppo GUE/NGL l’ingresso di nuovi membri deve avvenire all’unanimità, e secondo organi di stampa europei GUE/NGL “non vuole accogliere chi in Italia governa con Matteo Salvini”.
Stessa cosa vale per il gruppo ECR, acronimo inglese di “Conservatori e Riformisti Europei”, con cui sembravano negli ultimi giorni intensificate le trattative. Il gruppo è formato dalla destra radicale polacca di Diritto e Giustizia, il partito che controlla il governo polacco, da varie altre formazioni di destra radicale, fra cui i Conservatori Britannici e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Proprio l’eurodeputato Carlo Fidenza (FdI) ha
affermato la volontà di non volere nessun accordo dell’ingresso dei grillini nel loro gruppo per l’incompatibilità di fondo insuperabile tra loro.
Formare un gruppo da zero sembra praticamente impossibile: fra i non iscritti rimangono i neofascisti greci di Alba Dorata, quelli slovacchi di Kotleba, diversi indipendentisti spagnoli e alcuni singoli parlamentari. Dato che ciascun gruppo politico al Parlamento Europeo deve essere formato da almeno 25 parlamentari eletti in almeno sette stati, e che in ogni legislatura ci sono sempre una dozzina di parlamentari che per scelta rimangono
fra i non iscritti, anche questa resta un’opzione molto remota.
Fabio Massimo Castaldo (M5S) riconfermato eurodeputato e vicepresidente uscente del Parlamento Europeo, ha confermato le trattative sopracitate affermando che l’adesione nel gruppo degli alleati di governo della Lega non è un opzione, essendo la visione grillina dell’Europa totalmente diversa da quella leghista. Inoltre ha rilevato che si può formare un gruppo anche nei mesi successivi alla prima plenaria della nuova legislatura. In teoria il Movimento 5 Stelle può unirsi a un gruppo politico in qualsiasi momento della legislatura: ma occorre ricordare che una volta avviati i lavori, ovvero dopo che saranno state stabilite cariche e priorità, sarà sempre più difficile entrare in un gruppo politico e sopratutto incidere nelle sue decisioni.