In questi ultimi giorni di campagna elettorale, la tensione era palpabile: alcuni pronosticavano una netta vittoria del centrodestra, alcuni del centrosinistra, i più cauti un testa a testa. Voci di corridoio prefiguravano una lotta all’ultimo voto, con il provvidenziale intervento di un deus ex machina a risolvere la contesa.
Cosa è accaduto? Scopriamolo.
Abbiamo un vincitore inatteso: il popolo emilianoromagnolo. Nelle regionali 2014 erano andati al voto circa il 37% degli aventi diritto. Nella giornata di ieri si è registrato un 67%. Circa il 30% degli elettori in più: la si veda come la si vuol vedere, un risultato straordinario. Che sia il preludio ad una nuova stagione di partecipazione politica? Il Paese, in ogni caso, ringrazia.
Passiamo poi al vincitore indiscusso: sarebbe ingiusto e
disonesto non riconoscere la magistrale prestazione di Stefano Bonaccini.
Analizziamo nel dettaglio: presidente uscente – e per chi ne sa qualcosa, gli
uscenti hanno sempre un lieve svantaggio nella riconferma – nel periodo di
forma peggiore per il suo partito; non assistito da Zingaretti – ma si narra
che sia stata espressamente richiesta la sua assenza; dato per sconfitto alla
vigilia per i motivi più disparati; contender diretto non della Borgonzoni,
bensì di Salvini.
Contrariamente a tutte le previsioni, è lui il vero valore aggiunto della
contesa: le liste di centrosinistra riportano un 48.15%, quelle di centrodestra
un 45.39%, il consenso personale tocca il 51.43% contro il 43.63% della rivale.
Volete una motivazione della vittoria del centrosinistra? Si chiama Stefano
Bonaccini, piaccia o meno.
Il Partito Democratico porta a casa un 34%. In netta flessione rispetto alle regionali del 2014, un dato che fa percepire la grande crisi del partito su scala nazionale se è vero che perde 10 punti nella sua principale roccaforte. Nonostante tutto, riesce ad arginare le perdite e traina la coalizione alla vittoria grazie al valore aggiunto rappresentato da un candidato presidente spendibile.
La Lega riporta un ottimo risultato, un 30% che conferma la crescita di 11 punti percentuali rispetto a 5 anni fa anche se riflette una perdita di consenso – circa il 3% – rispetto alle Europee. Il dato che fa riflettere (DEVE far riflettere), è che quei 3 punti percentuali in meno equivalgono a quelli che Lucia Borgonzoni ha sottratto alle liste della coalizione di centrodestra, a conferma che non è stata percepita come un candidato presidente forte. La Lega è Matteo Salvini, nel bene e nel male. Considerata la personalizzazione del voto – quanto meno in questo caso – è andata male.
Impressionante la crescita di Fratelli d’Italia, che a fronte dell’1.91 nella tornata del 2014 più che quadruplica le preferenze, attestandosi all’8.6%. La strategia di Giorgia Meloni appare chiara: consolidare e fidelizzare l’elettore mentre aumenta il bacino elettorale. Se non saranno commessi errori nel breve termine, nel medio periodo il 20% su scala nazionale non è una chimera. Anzi.
Parlare di Forza Italia sarebbe ridondante: 2.56%. Il crollo inesorabile nel nord e centro Italia sembra anche essere irreversibile e, francamente, non si scorge una via di uscita. Alla debacle – annunciatissima – in Emilia Romagna fa da contraltare l’ottimo risultato elettorale ottenuto da Jole Santelli in Calabria. Complimenti a lei, faro in una notte oscura.
Sul Movimento 5 Stelle echeggia una fanfara funebre: non raggiunge il 5% e si candida seriamente alla scomparsa nel breve periodo. Sorprende come un partito che prende sonori ceffoni a destra e a manca possa restare la prima forza in Parlamento. E’ la prima volta nella storia che si continua a protrarre questa anomalia democratica. Urge una soluzione quanto prima.
Le Sardine: capitolo a parte per loro, che partito non sono ma – son pronto a scommetterci – partito diventeranno. Se il loro progetto era richiamare persone in piazza, ci sono riuscite. Se era richiamare persone al voto, non ci sono riuscite, e lo conferma il trend negativo del PD rispetto alle scorse regionali. Non hanno sottratto voti al centrodestra. Ma a loro va riconosciuto un merito: han portato le persone a riflettere su di un dato, cioè che lo spazio politico non è assolutamente saturo come taluni dicono.
Probabilmente questo è il dato principale di queste elezioni sul quale soffermarsi. L’offerta politica non soddisfa completamente gli elettori. Chi dovesse far tesoro di questo dato, avrà vinto la battaglia elettorale dei prossimi anni.