Ancora scontri per la rielezione di Nicolàs Maduro. Consegnati i verbali elettorali al Consiglio nazionale per il riesame sui brogli elettorali. Arrestata María Oropeza, coordinatrice dell’opposizione. Condanna per Maduro dalla comunità internazionale
Non si placano in Venezuela le proteste per la rielezione di Nicolàs Maduro. Sale infatti a 24 il numero delle vittime dopo gli scontri avvenuti a seguito delle ultime presidenziali del 28 luglio.
La rielezione di Maduro, che è a capo del Paese dal 2013, oltre che dalla popolazione civile venezuelana è fortemente messa in discussione anche dagli Stati Uniti e da diversi Paesi dell’America Latina, che riconoscono invece come vincitore lo sfidante Edmundo Gonzàlez Urrutia ed ha generato una forte protesta a Caracas organizzata dall’opposizione che ha denunciato Maduro di brogli elettorali.
Le forze di sicurezza del Venezuela hanno già catturato duemila persone e la pressione nelle strade non accenna a diminuire nonostante l’Unione europea, con l’Alto rappresentante per la politica Estera, Josep Borrel, abbia chiesto di “cessare la repressione”. Lo stesso Taiani, in un’audizione alle commissioni Esteri di Camera e Senato ha riferito, pochi giorni fa, dell’“ondata di intimidazioni e arresti” considerato che la repressione non ha risparmiato nemmeno i nostri connazionali: “L’ambasciata, i consolati e l’Unità di crisi stanno lavorando senza sosta. I nostri funzionari hanno effettuato sopralluoghi nei commissariati dove sono trattenuti i cittadini italiani” ed “è già stata richiesta l’autorizzazione per effettuare visite consolari per accertarne le condizioni di salute e detentive, nonché la tutela dei loro diritti di difesa”.
Tajani ha anche sottolineato potenziali rischi per l’ex parlamentare conservatrice e leader dell’opposizione Maria Corina Machàdo e per il candidato González. I timori sono cresciuti a seguito dell’iscrizione nel registro degli indagati dei due con le accuse di “istigazione all’insurrezione” e dopo che la coordinatrice regionale di María Corina Machado e dirigente dell’opposizione venezuelana per lo Stato di Portuguesa, María Oropeza, è stata arrestata martedì 6 agosto in diretta instagram e senza mandato dai funzionari della Dgcim (Direzione generale del controspionaggio militare): “Stanno entrando in casa mia in modo arbitrario, non c’è alcun mandato di perquisizione, stanno distruggendo la porta”, si sente nella diretta, “Non sono una criminale, sono solo una cittadina che vuole un paese diverso, e Dio e la Vergine sono sempre con me”.
Questo andandosi a sommare ai già “1.000 arresti a seguito di persecuzioni politiche”, ha sottolineato il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa) e “si aggiunge al fascicolo delle denunce di crimini contro l’umanità del regime”.
E mentre cresce il numero di arresti e morti a seguito delle proteste sociali, il Consiglio nazionale elettorale ha consegnato al Tribunale supremo di giustizia venezuelano (Tsj) i registri elettorali comprensivi di verbali di scrutinio, il totale dei seggi elettorali su scala nazionale ed i verbali di aggiudicazione e proclamazione della vittoria di Maduro, a seguito della richiesta di una verifica indipendente dei risultati da parte dell’opposizione. La documentazione, consegnata alla Suprema Corte dallo stesso presidente del Consiglio nazionale elettorale del Venezuela (Cne), Elvis Amoroso, erano stati richiesti dalla Corte tramite una sentenza del 3 agosto dopo un ricorso presentato dallo stesso Nicolás Maduro in seguito alle denunce di frode da parte dell’opposizione.
La Corte Suprema di giustizia avvierà dunque un riesame che potrebbe durare 15 giorni durante il quale i candidati presidenziali ed i leader dei partiti politici verranno convocati, così come riferito dalla presidente del Tsj, Caryslia Rodríguez, e saranno chiamati a registrare “gli strumenti elettorali” trovati in loro possesso oltre che a “rispondere alle domande poste da questo organismo”. Secondo il calendario reso noto dalla Corte, Edmundo González, il principale candidato dell’opposizione, è stato convocato per domani, 8 agosto, mentre Nicolás Maduro è stato convocato per venerdì 9 agosto.
I precedenti tentativi di broglio di Maduro ed ipotesi future
Non è la prima volta che il presidente Maduro è stato accusato di brogli elettorali. Al potere dal 2013, successo al carismatico Hugo Chàvez, pare che già nel 2018 avesse truccato il voto per farsi rieleggere al secondo mandato, quando Juan Guaidó, all’epoca capo dell’opposizione (che ancora controllava il Parlamento) era stato riconosciuto da una cinquantina di Paesi, tra cui gli Stati Uniti, come presidente legittimo del Venezuela, ormai stremato da una caduta del Pil che dal 2014 ad oggi è sceso del 70%. Ma Maduro tentò il tutto per tutto: nonostante l’intensificarsi delle sanzioni statunitensi da parte di Trump, che auspicava ad una rivolta civile per mettere fine alla presidenza di quest’ultimo, forte del controllo del regime sui media, ha arrestato i nemici, vanificato lo sforzo antitetico dei rivali, consentendo il commercio in dollari e da ultimo – ma di fondamentale importanza – lasciando all’esercito la gestione di racket che gli consentivano la fedeltà.
Non solo: il 5 dicembre scorso Maduro ha indetto un referendum per procedere alla annessione di una parte della Guyana, territorio confinante col Venezuela e ricco di petrolio, formando un nuovo Stato, la “Guyana Esequiba”. Il referendum in realtà ha avuto scarsissima affluenza, più bassa che quella delle ultime presidenziali, ma questo avvenimento desta particolare interesse per il futuro del contestato presidente: Biden da un lato ha annunciato la revoca immediata della maggior parte delle restrizioni imposte al settore energetico, aurifero e finanziario del Venezuela, che di fatto detiene il 20% delle risorse petrolifere del pianeta, a patto però che Maduro accetti di ripristinare la democrazia, cosa che si giocherà proprio con l’annessione o meno della Guyana Esequiba, a meno che i risultati delle indagini sulle elezioni non siano determinanti, considerando però che i giudici della Corte Suprema sono in maggioranza espressione dello stesso Maduro.