Elezioni in Iran: al ballottaggio, tra astensionismo ed aspettative post voto

Venerdì 5 luglio, con i seggi aperti dalle h.8.00 (le h.6.30 italiane), il ballottaggio in Iran per la successione alla presidenza dopo la morte dell’ultra conservatore Ebrahim Raisi avvenuta lo scorso 19 maggio in un incidente aereo.

Elezioni già avvolte nella polemica al primo turno, considerata la scarsa affluenza del 28 giugno, la più bassa mai registrata dal 1979, data di nascita della attuale Repubblica presidenziale.

Dei 61 milioni di elettori aventi diritto solo il 40% circa ha votato: un vero e proprio boicottaggio, intrapreso, in particolare dell’elettorato femminile, nuovamente sottoposto ad un regime di repressione dalla “polizia morale” dallo scorso 13 aprile in concomitanza dell’invio da parte dell’Iran verso Israele di droni e missili.

Sono state le madri dei manifestanti del movimento “Donna, vita, libertà” – che il 16 settembre del 2022 ha portato all’uccisione di Mahsa Amini – a dare il via al boicottaggio, considerando le nuove elezioni “solo una farsa” in un reale “regime persecutorio e repressivo”.

Mi rifiuto di partecipare alle elezioni illegali di un governo repressivo e illegittimo”, ha detto Narges Mohammadi, premio Nobel per la Pace detenuta nel carcere di Ervin. Ma la protesta verso le elezioni si è estesa, anche grazie al web, ed in milioni hanno aderito al boicottaggio, non solo attiviste dunque ma tutta la società civile iraniana: “Non dimenticate, il governo che non vi permette di controllare ciò che vi mettete in testa, non vi permetterà mai di controllare la vostra testa. Scegliere tra uno schiavo “cattivo” e uno schiavo “peggio” significa accettare la schiavitù islamica. Le donne coraggiose dell’Iran sono abbastanza intelligenti da non farsi ingannare da questi ciarlatani dei giochi elettorali”, ha scritto sui social la giornalista Masih Alinejad.

La popolazione infatti teme che, nonostante si dia per vincitore il riformista Massoud Pezeshkian, che si contende la presidenza con Saeed Jalili dell’ala conservatrice, la situazione cambierà di poco, malgrado Pezeshkian, 70 anni, medico cardiochirurgo, critico verso la polizia morale iraniana, propenda fortemente verso la fine dell'”isolamento” dell’Iran sulla scena internazionale per aprirsi invece piuttosto ad una comunicazione con l’Occidente per un accordo, in particolare, sul nucleare. Il piano strategico per la guida della presidenza iraniana dovrà in ogni caso passare per l’approvazione della Guida Suprema Ali Khamenei, la principale figura religiosa e politica del paese, da cui il presidente dipende e che nominò proprio Jalili come viceministro degli Esteri. La popolazione sospetta pertanto risultati elettorali di facciata, in cui ferma restando la rappresentanza dell’uno o dell’altro candidato continuerà a manifestarsi la volontà autocratica della Guida Suprema.

Analisti e politici iraniani esortano al voto, sottolineando che se Pezeshkian, che ha ottenuto il 42,4% dei voti, contro il 38,6% di Jalili al primo turno vincerà le elezioni, potrebbe iniziare una nuova stagione per il Paese: questo almeno secondo i media che vedono una effettiva possibilità del Paese verso una maggiore collaborazione con Washington per rivedere in particolare le sanzioni contro il Paese inflitte dagli Stati Uniti a partire dal 2018. Di differente visione, ovviamente, gli oltranzisti che appoggiano il candidato religioso ed ultra conservatore Saeed Jalili: docente universitario, veterano della guerra con l’Iraq – che gli costò l’amputazione parziale della gamba destra – ad oggi rappresenta Khamenei nel Consiglio supremo di sicurezza nazionale – il più alto organo di sicurezza dell’Iran. Fu negoziatore sul nucleare nel 2015 con gli Stati Uniti, opponendosi fermamente a qualsiasi conciliazione e sembra continuare sulla stessa linea, con lo slogan manifestato durante la sua campagna elettorale: “nessun compromesso, nessuna resa all’Occidente”.

Isolazionista ed autarchico Jalili, “riformista”Pezeshkian, si scontrano oggi sul tema fondamentale del risollevare le sorti iraniane dalla difficile crisi economica in cui incorre ormai da anni, determinata fondamentalmente dai rapporti con l’Occidente: le sanzioni comminate dagli Usa hanno contribuito all’impennata dell’inflazione a cui si somma il minimo storico toccato dalla moneta iraniana rispetto al dollaro statunitense ed all’alto tasso di disoccupazione, il tutto in un contesto di ingerenza nella guerra israelo-palestinese.

Secondo alcuni analisti iraniani il forte astensionismo oggi potrebbe subire un contraccolpo in vista del ballottaggio: il timore di una vittoria di Jalili potrebbe infatti far desistere la resistenza al voto per preferire un tentativo di elezione, da parte specialmente del ceto medio, di Pezeshkian “non perché sperano in un miglioramento, ma perché temono il peggio”, ha dichiarato apertamente il quotidiano riformista Etemad citando l’ex vicepresidente Isa Kalantari. Intanto Khameini stesso, parlando al popolo ha esortato al voto invitando a non scegliere chi intende riavvicinare la Repubblica islamica agli Stati Uniti. 

risultati preliminari delle elezioni dovrebbero essere resi noti entro sabato mattina.

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