Lo scoppio del conflitto in Ucraina ha reso evidente come il concetto stesso di guerra nel corso del nuovo millennio sia profondamente cambiato rispetto allo scorso secolo.
Le nuova modalità di gestione di crisi della politica internazionale hanno superato alcuni rigidi schemi di interpretazione che erano rimasti validi fino alla fine della Guerra Fredda e sono andate a riconfigurare lo scenario politico internazionale. Scenario in cui la Cina gioca un ruolo fondamentale.
SOCIAL POWER E MEDIA DIPLOMACY: LA STRATEGIA DELLA CINA
Nel corso delle ultime due settimane la comunità internazionale ha cercato in tutti i modi di anteporre la via della diplomazia e del dialogo alla guerra.
Lo ha fatto anche la Cina, che per il suo particolare ruolo geopolitico all’interno della comunità internazionale si configura come un attore unico e peculiare sulla scacchiera delle relazioni internazionali.
Negli ultimi anni Pechino ha configurato la sua politica estera sulla base di una complessa e strategica operazione di re-branding a livello internazionale, attuando una profonda ristrutturazione dell’immagine e della reputazione della Cina stessa: da paese in continua ascesa economica a paese in crescita pacifica nel contesto asiatico.
Non a caso il ruolo della Cina di Xi Jinping all’interno della cornice della guerra in Ucraina è uno dei più importanti, ed è al centro di alcune operazioni di media diplomacy.
L’APPELLO ALLA DIPLOMAZIA E LA DENUNCIA ALLA NATO
La posizione della Cina però non è del tutto neutrale in questo “gioco” di equilibri. Lo testimonia il profondo legame che unisce Pechino alla Russia di Vladimir Putin: due paesi che negli ultimi anni hanno costruito una solida intesa tanto a livello politico quanto economico e commerciale.
La mossa del presidente cinese di privilegiare la via diplomatica incontrando nel corso della settimana scorsa il presidente dell’Eliseo Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz costituisce di fatto un indicatore importante della strategia attuata dalla Cina sul contesto internazionale.
Una forma di soft power che adottata da Pechino, che in questo modo cerca di accreditarsi non solo come un paese in grado d’influenzare i comportamenti della tribuna internazionale, ma anche delineandosi come un paese che ha fatto dell’attrazione e della cooptazione i suoi principali punti di forza.
“Quel che serve per risolvere questioni complesse è mente fredda e razionale invece di gettare benzina sul fuoco, che non fa che aggravare la situazione”, ha dichiarato qualche giorno fa il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, durante una conferenza stampa a Pechino in occasione della sessione annuale dei lavori dell’Assemblea del popolo, ripresa da Adnkronos.
Un programma che viene portato avanti parallelamente alla volontà di mantenere ben saldi i rapporti strategici tra i due paesi: un’amicizia definita dallo stesso ministro cinese “solida come una roccia”.
Colpisce infatti che, dall’inizio delle operazioni militari russe in Ucraina, la Cina non abbia mai condannato apertamente l’invasione Russa sul suolo ucraino.
“Non importa quanto sia insidiosa la tempesta internazionale, Cina e Russia manterranno la loro determinazione strategica e porteranno avanti la loro partnership strategica globale nella nuova era” ha poi aggiunto Wang Yi durante la conferenza stampa.
Diversa è la posizione assunta da Pechino nei confronti della Nato e degli USA. Nel corso di una conferenza stampa convocata lo scorso 9 marzo, il portavoce del Ministero degli Esteri, Zhao Lijian, aveva apertamente denunciato la responsabilità della Nato e delle sue azioni negli ultimi anni, guidate dagli Stati Uniti: “Le mosse della Nato hanno spinto la tensione Russia-Ucraina al punto di rottura. Mentre distoglie lo sguardo dalla propria responsabilità, gli Stati Uniti criticano la posizione della Cina sull’Ucraina per cercare di sopprimere contemporaneamente la Cina e la Russia, al fine di mantenere la propria egemonia”.
Così, mentre il conflitto in Ucraina prosegue da quasi tre settimane, gli occhi della comunità internazionale sono tutti rivolti verso Pechino, rimasta una dei pochi attori in grado di evitare che la guerra intraprenda un’escalation ancora più grande.
“La Cina è profondamente preoccupata per la situazione in Ucraina e spera che la pace possa tornare prima possibile” ha affermato il premier Li Keqiang durante la conferenza stampa a seguito della sessione annuale del Parlamento cinese, lo scorso 11 marzo. “La Cina segue una politica diplomatica pacifica indipendente. Sosteniamo Kiev e Mosca perché superino le differenze: lavoreremo con la comunità internazionale per evitare che tensioni si acuiscano o sfuggano al controllo. La Cina chiede la massima moderazione per prevenire una crisi umanitaria su larga scala” avrebbe poi aggiunto il primo ministro cinese, secondo quanto riportato da Televideo.
Nella giornata di lunedì, il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jack Sullivan, sarà a Roma per incontrare il capo della diplomazia del Partito Comunista Cinese, Yang Jiechi.
Nella giornata di domenica, Sullivan ha avvertito la Cina riguardo al suo ruolo di partner con la Russia, dichiarando che “Ogni mossa da parte della Cina o di altri paesi per offrire un’ancora di salvezza alla Russia per eludere le sanzioni occidentali, non resterà senza conseguenze”.
Così la Cina rimane una delle ultime tessere ancora in piedi nel domino delle relazioni internazionali, incastrata tra il suo obiettivo di accreditarsi sul piano geopolitico come mediatore del conflitto in Ucraina e i suoi rapporti di vicinanza e alleanza con la Russia. Una posizione tanto instabile quanto cruciale, che potrebbe sancire il punto di inizio per la fine della guerra o segnare l’inizio di un’escalation irreversibile.
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