Dreams di Dag Johan Haugerud: il capitolo finale della trilogia di Haugerud e Orso d’Oro alla Berlinale

Il desiderio come scoperta e narrazione nel primo film norvegese a vincere il Festival di Berlino.

Con Dreams, Dag Johan Haugerud conclude la sua trilogia Sex/Dreams/Love (3 film tra loro indipendenti), presentata a Berlino dopo i precedenti capitoli passati per Venezia e Panorama. Un’opera sofisticata che esplora con sensibilità il confine tra realtà e immaginazione, offrendo uno sguardo acuto sulle relazioni umane e sulla scoperta di sé. Il film segue la storia di Johanna (Ella Øverbye), un’adolescente che si innamora della sua nuova insegnante di lingua, Johanne (Selome Enmetu). Dopo la fine del loro rapporto, Johanna scrive un racconto di 94 pagine che affida alla nonna Karin (Anne Marit Jacobsen), una poetessa in declino. Quando il testo finisce nelle mani della madre Kristin (Ane Dahl Torp), si apre un dibattito su quanto sia reale e se debba essere pubblicato.

Elegante e profondamente letterario, Dreams intreccia emozioni adolescenziali, ambizioni artistiche e dinamiche generazionali in modo denso e raffinato. La relazione tra l’insegnante e la studentessa e intrisa di complessità e tensioni emotive: l’innocenza dell’adolescenza si scontra con la vulnerabilità del primo amore.

Il regista costruisce un dramma psicologico che gioca con la forma, alternando voice-over, ellissi narrative e momenti di rottura del realismo. La sua Oslo, distante da ogni stereotipo nordico, diventa un palcoscenico di tensioni intellettuali e di classe, in cui il desiderio e l’autorialità si scontrano con le strutture del potere culturale.

Ma nonostante si cerca di uscire da una linearità espositiva, il film richiede allo spettatore l’attenzione di un lettore, soffocandolo in questo mondo borghese chiuso e autoreferenziale. Il regista stesso sembra soffocare nel peso di intellettualizzazioni forzate.

La riflessione sul potere della scrittura e sul confine tra realtà e finzione è interessante sulla carta, ma si traduce in un gioco metanarrativo che rimane confinato a una bolla intellettuale. Il confronto generazionale tra la protagonista, la madre e la nonna poetessa è sviluppato con eleganza, ma il film manca di tensione e rimane distante dallo spettatore. Dreams affascina a tratti, ma rischia di risultare più un esercizio di stile che un’esperienza davvero coinvolgente

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here