Erano trascorsi 123 anni, 3 mesi e 22 giorni dalla caduta dell’ultimo Re, Francesco II di Borbone. Da allora nessuno aveva dominato Napoli, dai vari monarchi che si sono susseguiti alla Repubblica, mai veramente amata nella città più monarchica d’Italia. Quel vuoto è stato colmato sempre da un uomo di discendenza spagnola, ma che poco aveva a che fare con i Borboni.
Un uomo che, col suo genio e la sua sregolatezza, è entrato nel cuore di quelle persone così profondamente da non uscirne più. Così, il 5 luglio del 1984, fa il suo ingresso per la prima volta al “San Paolo” quello che, oltre ad essere riconosciuto come uno dei più grandi, se non il più grande calciatore di ogni epoca, riscatterà un popolo e lo condurrà sino alle porte più alte del paradiso calcistico; quell’uomo, in cui ha riposto tutte le speranze il popolo napoletano, è stato Diego Armando Maradona.
Maradona nasce nella profonda periferia di Buenos Aires il 30 ottobre del 1960, tra la povertà estrema e quel sogno di giocare a calcio che hanno in comune tutti i bambini argentini. Dopo l’esordio a 16 anni con la maglia dell’Argentinos juniors, raggiunge la tanto agognata camiseta albi-celeste nel 1977. La stessa Nazionale però gli consegna la prima delusione sportiva: infatti, Diego non viene convocato per i mondiali casalinghi del 78, ma proprio quell’episodio segna l’inizio di una carriera straordinaria, perché l’anno seguente vince il primo trofeo con la Nazionale sconfiggendo nella finale del Mondiale u20 l’Unione Sovietica in Giappone nel ’79.
L’anno successivo approda al Boca Juniors, sua squadra del cuore, per circa 6 miliardi, ma la sua esperienza li dura solo un paio di stagioni, visto che nell’82 il Barcelona lo porta in Europa per 14 miliardi. Nonostante sia già nella lista dei top giocatori al mondo, in Catalogna l’avventura di Maradona non è delle migliori; anzi, a causa di un orrendo fallo subito rischia di compromettere la sua carriera a seguito della rottura della caviglia.
Nel maggio dell’84 arrivano le prime avvisaglie di quello che qualche mese dopo sarebbe accaduto: a seguito di una rissa a Bilbao causata dagli strascichi dal fallo che l’anno prima gli aveva quasi terminato anzitempo la carriera, Maradona, tramite il proprio agente, comunica al direttore sportivo del Napoli la volontà di lasciare il Barcelona.
Da lì partono una serie di colloqui ed incontri tra le società, per circa un mese e mezzo e alla fine di ogni incontro la situazione era diversa di volta in volta, fino a quando l’allora tesoriere del club catalano fa capire che, dietro il pagamento di una somma importane, il giocatore sarebbe potuto partire. A quel punto Scotti contatta il presidente del Banco di Napoli Ferdinando Ventriglia e sostanzialmente lo induce a sborsare i 7 miliardi mancanti per arrivare alla cifra, dopo che Ferlaino aveva tirato fuori 1 miliardo e il banco di Roma altri 5,5 miliardi.
Maradona arriva a Napoli in un momento particolare della storia della città: appena quattro anni prima c’era stato il terremoto dell’Irpinia che provocò forti danni anche nel capoluogo a causa dei molti edifici fatiscenti, la guerra di Camorra che nell’83 si concluse con la fine della nuova Camorra organizzata di Cutolo e la fine della cassa del Mezzogiorno l’anno seguente, mezzo di sostegno statale messo in atto a favorire una riduzione del divario tra nord e sud Italia.
Tutti questi episodi gettarono Napoli nuovamente sotto i riflettori, ma dalla parte sbagliata, generando astio, odio e denigrazione da parte del resto dell’Italia. Questa situazione sconfortante stava per terminare ed il punto di partenza fu proprio quel 5 luglio, quando 70000 persone si sono riunite per accogliere quello che sarebbe diventato il loro Re.
A tal proposito è di fondamentale importanza l’idea portata avanti da Vincenzo Scotti, politico di spicco della DC e sindaco di Napoli nell’84. Scotti, durante lo speciale girato da Sky sport proprio sul trasferimento di Maradona a Napoli, disse:” C’era il bisogno di dare una scossa ad una città a livello sociale, Napoli andava rianimata. Il compito della politica è anche questo”.
Scotti non fu importante solo a parole, perché materialmente aiutò Ferlaino, l’allora presidente del club, a concludere quello che poi sarebbe stato l’acquisto del secolo.
Il 26 giugno arriva all’ormai ex centro sportivo Paradiso il primo documento ufficiale da parte del Barcelona la situazione stava per capovolgersi dopo l’ennesimo ripensamento del presidente catalano, ma lo stesso giocatore decise di andare sotto casa del presidente e comunicargli nella maniera più rumorosa possibile il suo desiderio di andar via.
Allora i presidenti dei due club s’incontrarono la mattina del 30 giugno, ultimo giorno disponibile per il mercato riservato agli stranieri e siglarono definitivamente l’accordo, consegnando di fatto alla città di Napoli il suo nuovo Re, un Re che avrebbe preso per mano il suo popolo e, conducendolo ai successi che hanno consegnato il Napoli tra le grandi d’Italia, avrebbe ridato dignità ed importanza ad una città sempre bersaglio di critiche e pregiudizi.