Democrazia vs demagogia: Un confine troppo labile?

In età classica era tanto forte il sentimento dei cittadini di partecipare alla vita politica, che allinizio del V sec. a. c. ad Atene si instaurava un regime democratico. Dalle due parole demos popolo” e kratosgovernonasce questa parola che vuol dire governo del popolo, o meglio governo dei più”, ricollegandosi alle parole del discorso di Pericle, nelle Storie di Tucidide. Ma chi partecipa alla vita politica? Come partecipa alla vita politica? Lamministrazione del governo dei più” era riservato ai soli cittadini ateniesi poiché erano esclusi dalla partecipazione le donne, gli schiavi e i meteci (stranieri abitanti ad Atene, spesso anche molto facoltosi); si votava durante le assemblee dei cittadini e la forma di voto era la cheirotonia, cioè l’alzata di mano; inoltre chiunque poteva essere eletto allassemblea dei 500 poiché non era importante il censo (reddito) al quale apparteneva. Democrazia, isonomia, ecc sono parole ed istituzioni che i greci, soprattutto gli ateniesi, hanno messo in pratica e hanno cercato di canonizzare e trasmettere ai posteri.

Importante da sottolineare nella storia della democrazia ateniese è quanto loro stessi fossero consapevoli del labile confine tra democrazia e demagogia: per Aristotele, la degenerazione della democrazia è proprio la demagogia, cioè l’affermazione di un capo carismaticoche cerca consensi facili, facendo leva sui sentimenti di quelle frange di popolazione più deboli, più a rischio, più soggette alle influenze delle facili promesse e più attirate da discorsi semplici e poco articolati. Il demagogo era colui che prometteva, ma spesso non riusciva a mettere in atto ciò che avevo promesso o, addirittura, non era in grado di cimentarsi in quella che era la amministrazione della polis.

Gli Ateniesi sapevano riconoscere questi capie dopo lesperienza dei Pisistratidi, avevano inventato uno strumento, più o meno efficace, che si chiamava ostracismo. Con questo strumento, quelli che venivano ritenuti un ostacolo alla conduzione democratica della città venivano espulsi.

Questa sorte era toccata a tanti Ateniesi – illustri o meno -, ma esemplari sono i casi di Temistocle ed Alcibiade, generali ateniesi che avevano dimostrato il loro valore in difesa della loro polis. Per Alcibiade e Temistocle non furono sufficienti la gloria e l’onore poiché avevano un difetto: un grande seguito di popolo.

Gli Ateniesi erano, dunque, spaventati perché sapevano del labile confine tra quella che era una politica per il popolo e quella invece volta a destare solo la sua meraviglia e il suo consenso.

Questo strumento presenta i suoi difetti, e, alla fine della Guerra del Peloponneso, gli Ateniesi non possono che accettare la tirannia. L’esperienza democratica non si conclude in questo modo, ma sicuramene non è più la democrazia di V secolo.

Cicerone, qualche secolo più tardi rispetto ad Aristotele, dà una risposta/soluzione al problema della degenerazione, affermando che la miglior forma di governo era la repubblica romana poiché si presentava come la commistione delle tre forme di governo (monarchia, oligarchia, democrazia) in tre diverse istituzioni (consolato, senato e tribunato della plebe). Poteva funzionare questo sistema perché le varie istituzioni tendevano a tenersi sotto controllo, ed erano pronte ad intervenire nel caso in cui luna o laltra prendessero il sopravvento.

Ma se era tanto sottile questo confine, non è lecito domandarsi se la democrazia funzionasse veramente come forma di governo?

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