Continuano per noi di Lanterna gli appuntamenti con la sedicesima edizione di Archivio Aperto a Bologna. Il festival, che quest’anno prende come titolo The Future Is Memory, ha due anime: una riguardante i film in concorso nella competizione ufficiale, e l’altra che riguarda le proposte speciali fuori concorso di cinema privato amatoriale. Tra queste proposte speciali c’è Dearest Fiona della regista Fiona Tan, proiettato per la prima volta in Italia proprio durante questa edizione di Archivio Aperto.
Fiona Tan è un’artista contemporanea, si occupa di video, film e fotografia. Figlia di padre cinese e di madre australiana di origine scozzese, cresce in Australia e si trasferisce poi nei Paesi Bassi per studiare arte. Si definisce, per questo, una “professional foreigner”, caratteristica che esprime nei suoi lavori. Da anni Tan, si occupa del concetto di memoria, e con il suo essere una “straniera di professione” sa al meglio come riprodurre nelle sue opere un senso di straniamento, sia nello spazio che nel tempo, come se le dimensioni del presente, passato e futuro si mescolassero tra loro. Dearest Fiona è, infatti, perfettamente allineato con la provocazione lanciata dal titolo del festival, The Future is Memory: come può la memoria contribuire all’immaginazione del futuro?
Troviamo come protagoniste di questo lungometraggio delle lettere scritte dal padre di Tan, dalla fine degli anni 80 agli inizi degli anni 90, mentre l’artista si trovava nei Paesi Bassi per continuare gli studi. In queste lettere, lette da una voce fuoricampo appartenente all’attore scozzese Ian Henderson, il padre di Tan alterna episodi di vita quotidiana della sua famiglia ad eventi storici e di cronaca di quegli anni, dalla Protesta di Tienanmen in Cina nel 1989, alla fine del Comunismo nell’Europa dell’est, fino all’elezione di Mandela in Sud Africa. La tenerezza di un padre che racconta la sua vita quotidiana e si preoccupa e interessa di sua figlia, si unisce e si mescola a racconti e commenti di eventi mondiali importanti, destinati a cambiare l’aspetto del futuro.
La regista aggiunge un ulteriore strato a questo viaggio temporale: secondo elemento importante e centrale del film sono le immagini in movimento che scorrono durante la lettura delle lettere, le quali risalgono ai primi anni del 1900 e sono state concesse alla regista dal Eye Filmmuseum di Amsterdam, il quale ha commissionato l’opera. Le immagini ritraggono, inizialmente, la vita di quegli anni nelle campagne olandesi con aspetti del tutto folkloristici: contadini, pescatori, mulini a vento, abiti tradizionali e tulipani. Andando avanti, i filmati hanno come protagoniste le città, il processo di urbanizzazione: vediamo, a questo punto, immagini di uomini che lavorano in fabbriche. La particolarità delle immagini risiede nel fatto che sono state colorate, spesso anche a mano con colori vibranti che catturano l’occhio dello spettatore.
Con questo film Tan riesce nell’intento di creare un collegamento tra ciò che è familiare e ciò che è sconosciuto, tra il personale e l’universale. Il prodotto finale ha qualcosa di ipnotico: è difficile staccare gli occhi dallo schermo e ci si sente trasportati in una dimensione indefinita che oscilla tra presente, passato e futuro, garantendo a chi guarda un viaggio emotivo e una scoperta continua fatta da nuovi colori, avvenimenti storici, quotidianità, e salti temporali.