L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva con 93 voti a favore la richiesta degli USA di far fuori la Russia dal Consiglio dei diritti umani di Ginevra. 24 sono i paesi contrari, tra cui la Cina che afferma che l’Occidente stia politicizzando i diritti umani, mentre 58 gli astenuti sulla decisione di sospendere la Russia. Tra i do – sponsor di questa decisione c’è anche l’Italia, con cui Putin ultimamente ha molto da ridire.
Per far in modo che questa decisione, tanto desiderata dall’ambasciatore dell’Ucraina Sergiy Kyslytsya, fosse definitiva serviva la maggioranza dei due terzi dei paesi votanti (193 membri delle Nazioni Unite); le astensioni non contano. Dall’invasione russa dell’Ucraina, il 24 febbraio, l’Onu aveva già espresso una grave preoccupazione per la crisi umanitaria, soprattutto ultimamente con le notizie di abusi e violazioni del diritto internazionale umanitario da parte di Mosca. A tal proposito aveva già denunciato Mosca per l’aggressione (141 voti a favore).
Ma questo non è bastato per fermare la Russia sul fronte orientale, forse stanno imparando a contrastare le forze armate ucraine. Si pensa addirittura che si possa arrivare ad uno scontro chimico, e stavolta l’Organizzazione mondiale della Sanità sta pensando ad eventuali piani di emergenza con la speranza che non si debbano attuare.
Dopo la distruzione completa di Mariupol, Odessa sotto attacco, Dnipro a rischio imminente, Bucha è la città spettrale di cui sentiamo parlare molto in questi giorni. Continuano ad incrementare i morti e il numero delle donne violentate dai soldati russi, anziane e giovani, senza alcuna distinzione. Per questo, il sottosegretario generale alle Nazioni Unite, Martin Griffiths, ha annunciato un imminente indagine sui massacri di Bucha, categorizzati come crimini contro l’umanità.
L’offensiva di Mosca riprende
Sebbene pensassimo tutti che gli accordi intrapresi avessero portato alla pace definitiva, Putin ci sorprende ancora. La Russia sarebbe pronta a riprendere gli attacchi a Kiev se riuscirà ad ottenere il controllo totale delle regioni orientali di Donetsk e Luhansk, da sempre filorusse.
Secondo la Ministra della Difesa Hanna Malyar, l’obiettivo rimane sempre lo stesso ovvero prendere tutta l’Ucraina ed è consapevole che la guerra si protrarrà a lungo termine. La Russia non si aspettava una tale resistenza da parte degli ucraini, ma pensava di prendere tutto velocemente. Nonostante queste difficoltà, il Cremlino non ha rinunciato ai suoi piani ma ha cambiato strategia: colpisce i piccoli obiettivi così da riportare qualche successo a casa, dato che comunque loro hanno registrato maggiori perdite.
In più, c’è da considerare che i soldati russi sono stremati, a corto di rifornimenti e decimati, quindi questi obiettivi potrebbero riportare l’entusiasmo tra loro. Infatti, se prima risultavano più disorientati (i giovani per lo più spaventati e ignari della situazione), adesso hanno tattica e strategia.
Mosca e l’informazione
Sull’informazione in tempi di guerra ci sono varie tesi da prendere in considerazione. Ricordiamoci che stiamo parlando, comunque, di due Stati in cui la libertà di stampa non era proprio all’ordine del giorno. Da quando è iniziata la guerra, però, l’Ucraina si è sempre mostrata a favore della libera informazione circa la guerra che stanno combattendo per la libertà del proprio paese. Molti pensano che sia anche per questo motivo che non si arrivi a veri accordi, perché i russi non sono pienamente consapevoli delle atrocità commesse in Ucraina. Anzi, incolpano gli stessi ucraini per quello che sta succedendo, dichiarandosi paladini della giustizia. E gli amici di Putin, tra cui Lukashenko, idem!
La reazione del Cremlino alle sanzioni
Putin si è dichiarato rammaricato per questa decisione, ribadendo che per lui si tratta di monopolio dell’Onu da parte di un gruppo di Stati che lo utilizzano per i propri scopi. In una nota del ministero degli Esteri russo si legge così: “Il Consiglio è divenuto esecutore della volontà di questo gruppo di Paesi che, per portare a termine i propri obiettivi e ottenere i voti necessari nel processo decisionale, non disdegna il ricatto aperto degli Stati sovrani”.
Sostegno pieno dalla Cina che ha votato contro la sanzione: secondo loro, non fa altro che aggiungere benzina al fuoco e non aiuta i colloqui di pace.
Sanzioni per le piccole Putin
Anche le figlie di Putin, Maria Vorontsova (36 anni) e Katerina Tikhonova (35 anni), sono state sanzionate per le decisioni del padre. Un cognome che, anche se sostituito, viene trovato ovunque e punito severamente. Il Cremlino definisce queste sanzioni “difficili da capire e comprendere”.
Figlie legittime della prima moglie, Lyudmila Shkrebneva, sposata nel 1983 e dalla quale ha divorziato ufficialmente il 6 giugno 2013, hanno saputo mantenere fino ad ora la loro vita segreta. Solo in due occasioni Putin ha parlato della sua famiglia: nel 2015 quando ha spiegato che hanno studiato solo in università russe ma sanno parlare ben tre lingue europee; poi nel 2017, quando ha spiegato di cosa si occupano. Maria, la primogenita, ha studiato biologia e risiede attualmente in Olanda con la sua famiglia. Katerina, invece, è laureata in fisica e matematica ma ha preferito inseguire il sogno di donna in carriera. È appassionata di danza, sposata e divorziata.
Le sanzioni riguardano lo stop ai conti correnti bancari in banche straniere e i sigilli a case e ville di lusso all’estero. Stessa sorte riguarderebbe anche la figlia del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.