Con Alleanza Nazionale finiva la Prima Repubblica e nasceva la destra conservatrice

Giorgia Meloni è figlia di Fiuggi non di Salò

Sono molti gli episodi a cui la gran parte degli analisti fanno risalire la fine della Prima Repubblica: l’arresto di Mario Chiesa con cui si è avviata “tangentopoli”, le stragi di mafia e la primavera di Palermo, le monetine del Rapahell, la vittoria del si al referendum elettorale del 1993, la discesa in campo di Silvio Berlusconi. Tutti avvenimenti importanti che hanno certamente contribuito a rappresentare una svolta, ma che non spiegano da soli il cambiamento nello schema politico che ha investito l’Italia nei primi anni ’90, in quanto nessuno di essi fu causa, ma conseguenza. La vera cesura tra un prima ed un dopo avvenne con la caduta del Muro di Berlino, le cui trasformazioni trovarono pieno compimento con la nascita di Alleanza Nazionale, sancita dal congresso di Fiuggi il 27 Gennaio 1995.

Dal 9 novembre 1989 infatti svanivano tutte le conventio ad escludendum su cui si era basata la geografia parlamentare del secondo dopoguerra. Ma se per il Partito Comunista, anche prima della Bolognina, di fatto si era avviato un processo di inclusione nel sistema di governo, già pienamente realizzato negli enti locali e parzialmente a livello nazionale attraverso le pratiche consociative, era verso destra che persisteva una pregiudiziale che nessuno dei partiti dell’arco costituzionale, in primis la Democrazia Cristiana, era disposto a rimuovere, pena la sua dissoluzione.

La presenza di una destra legittimata a concorrere per il governo infatti avrebbe fatto perdere alla DC la quintessenza della sua identità e soprattutto del suo ruolo, basato su un centro che guardava a sinistra, senza alcuna concorrenza reale a destra. Perché è in un sistema bloccato e proporzionalista come quello italiano che i voti non si contavano, ma si pesavano. E quelli di centro pesavano più degli altri.

Il progetto di Alleanza Nazionale, che non a caso Giuseppe Tatarella, uno dei suoi principali estensori, definiva una “strategia”, metteva in discussione proprio questo: il ruolo del centro democristiano come baricentro e garante della democrazia. Su quanto questa idea fosse vincente si poté capire ancor prima della nascita ufficiale di AN, durante la tornata di elezioni amministrative del giugno 1993, allorquando il Movimento Sociale da solo elesse oltre 40 sindaci in altrettante città superiori ai 15 mila abitanti, tra cui alcuni significativi capoluoghi, e anche quando non era premiato dal successo, come nei casi di Roma e Napoli nell’autunno dello stesso anno, riusciva a tenere fuori dai ballottaggi proprio i candidati centristi. Questo molto più delle inchieste ha determinato lo scioglimento della Democrazia Cristiana: la perdita della sua funzione politica nella società.

A questa vittoria politica la destra comprese di dover sommare un passaggio storico che le desse una reale agibilità politica, chiudendo i conti, non con il fascismo, chiusi nello stesso momento in cui i reduci di Salò che fondarono il MSI accettarono i principi della democrazia costituzionale, ma con il neo-fascismo, passando dalla destra di testimonianza alla destra di governo.

A Fiuggi si archivia la democrazia bloccata e si apre la stagione dell’alternanza. Da questo momento in poi si può parlare di Seconda Repubblica, perché è questo che la differenzia dalla fase precedente. Senza una destra di governo anche il sistema maggioritario non avrebbe avuto senso, così come senza un soggetto politico alleabile a destra, Berlusconi e Forza Italia non avrebbero potuto scrivere la storia che hanno scritto, perché è la presenza della destra alleabile l’unica vera novità che altera il panorama politico esistente in quegli anni.

La leadership di Gianfranco Fini segnò successivamente il profilo di una destra conservatrice europea, dando ad AN un ruolo di stabilizzatore del sistema bipolare, tra alti e bassi di consenso e non poche polemiche interne in alcuni passaggi. Le Tesi di Fiuggi sono state anche la pietra angolare su cui la destra di oggi guida la nazione. Non soltanto perché Giorgia Meloni è figlia di quel percorso, avendo mosso i primi passi da militante nel 1992, ma soprattutto perché la crescita, politica prima che elettorale, di Fratelli d’Italia, inizia da quando il partito ha deciso di riconciliarsi e far proprie le idee di Fiuggi, rifuggendo il richiamo dell’estremismo e del settarismo, che in un certo senso aveva caratterizzato i suoi primi passi.

Agli osservatori più attenti e meno faziosi infatti non sfuggirà che l’inserimento della fiamma tricolore nel simbolo di FdI non ha il sapore del “nostalgismo” verso il MSI, ma simboleggia il ricongiungimento e la prosecuzione di AN e di ciò che a Fiuggi quella comunità umana e politica sancì. Perché avere una destra di governo per l’Italia e per l’Europa è un patrimonio da coltivare con cura, perché principale e forse unico antidoto alle pulsioni estremiste e antisistema. Un insegnamento che in pochi in Italia sembra vogliano apprendere, così come in pochissimi hanno dato il giusto peso ad una realtà come quella di Alleanza Nazionale, dalla breve vita politica, ma dal fondamentale contributo democratico dato alla storia repubblicana.

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