“Settimane di tatticismi e di trattative hanno allontanato la politica regionale e anche la campagna elettorale dai territori, dalla vita delle persone e delle comunità. Nel Lazio – dichiarano Alessandro Coltré e Giulia Lorenzon, referente Pop Monti Lepini Valle del Sacco – ci sono zone in cui la crisi ambientale condiziona e preclude possibilità di futuro, di lavoro e di crescita collettiva. Lo spazio urbano di molte città del Lazio è compromesso dall’eredità tossica di industrie che hanno inquinato, licenziato e poi chiuso definitivamente gli stabilimenti.
Non è una situazione circoscritta. Si tratta di un saccheggio ambientale diffuso, che in alcune aree è da tempo studiato dall’epidemiologia, oltre che dalla magistratura. Lo sanno bene le associazioni ecologiste della Valle del Sacco, da Colleferro a Falvaterra, dalla provincia di Roma a quella di Frosinone. A Sud della Capitale e in Ciociaria i movimenti ecologisti e le istituzioni locali, come il Comune di Colleferro e di Ceprano, hanno cercato di tenere alta l’attezione sulla questione della Valle del Sacco, sulla la bonifica del territorio, senza tralasciare le speculazioni in corso, soprattutto sul fronte delle bioenergie.”
Sostenere e divulgare i programmi epidemiologici
“I segni dell’eredità tossica delle produzioni di Lindano – aggiungono Coltré e Lorenzon – sono ancora nei corpi di tante persone di Colleferro, di Gavignano e di molti paesi ciociari. È dovere delle prossime istituzioni regionali capire come sostenere il programma di monitoraggio del Dep (dipartimento epidemiologia del Lazio) e i percorsi di ricerca che stanno lavorando per capire come ridurre la contaminazione umana, come per esempio gli studi del gruppo di scienze biochimiche de La Sapienza di Roma che da quasi dieci anni approfondiscono gli effetti degli organoclorurati nelle cellule. Molte linee di ricerca di questo gruppo sono diventate pubblicazioni scientifiche di rilievo che devono essere trattate dal mondo politico, senza retorica ma con reale interesse per una situazione difficile che deve trovare possibilità di soluzioni. Chi ha nel sangue il betaesaclorocicloesano rischia di ammalarsi di più, chi ha patologie tumorali e presenta anche questo inquinante rischia di avere tumore più aggressivo.
Ora è in corso una nuova fase delle indagini epidemiologiche e a breve sarà online un sito web interamente dedicato alla contaminazione. Si tratta di Indaco, un portale curato dal Dep Lazio e da Pensiero Scientifico Editore. Queste operazioni di divulgazione vanno sostenute e rese popolari, partecipate, affinché ci sia maggior percezione sui rischi della contaminazione ambientale. Conoscere la storia di Colleferro e della Ciociaria significa anche capire la contaminazione e i veleni lasciati da un modello di sviluppo lineare e nocivo. Perché il conflitto sociale e ambientale sta anche nei corpi di chi oggi ha ancora quella tossicità. Non c’è limite di legge o sentenza che possa compensare quanto accaduto. Il risanamento della Valle del Sacco deve passare anche per la salute della popolazione.
A Colleferro e nei territori che rientrano nel sito d’interesse nazionale bisogna anche concentrarci sulla divulgazione delle tematiche ambientali, cercando di unire questioni globali con aspetti territoriali legati anche alla salute della popolazione giovanile. Su questo tema poco è stato fatto per sostenere a livello locale i programmi di ricerca curati dall’uro-andrologo Luigi Montano, che con diversi progetti sta monitorando la fertilità della popolazione giovani in aree inquinate. Dagli studi di monitoraggio sullo sperma di adolescenti (non fumatori – non bevitori) emergono rischi ormonali, rischi di infertilità e in generale una salute spermatica compromessa dovuta a fattori ambientali e all’esposizione di polveri sottili e diossine.
Gli spermatozoi sono una spia dello stato di salute ambientale. In zone cresciute all’ombra delle grande industrie del Nocevento, osservare ciò che si ha intorno con le lenti dell’ecologia politica dovrebbe essere un esercizio costante, per tutte le forze progressiste in campo. Le associazioni ambientaliste come Retuvasa offrono un livello di approfondimento e di divulgazione che va sostenuto.
La conoscenza di questi studi epidemiologici e delle ricerche universitarie deve essere un impegno politico collettivo. Come deve essere un’azione collettiva l’opposizione a progetti che mettono a rischio la salute della collettività e l’economia circolare.
La Ciociaria conosce bene questa situazione con l’inceneritore di San Vittore, con le operazioni di greenwashing di Saxa Gres e con i progetti speculativi come il biodigestore di Anagni. Come si possono pensare politiche pubbliche ecologiste se restano in piedi queste operazioni? Come si possono intavolare discorsi sulla gestione dei rifiuti virtuosa se non c’è una programmazione e un ruolo decisivo della pubblica amministrazione? Fino a oggi l’unica proposta resta l’inceneritore, anche per Roma. Un’idea conservatrice, insalubre e ingiusta.
Lasciare ai privati questo settore, senza alcun tipo di pianificazione circolare e sostenibile produce dei vuoti, delle intercapedini in cui aziende poco trasparenti tentano di mettere le mani su fondi comunitari, come sta accadendo ad Artena con la Green Park Srl.“
Bonifica del Sin deve essere una priorità
“Le operazioni di bonifica della Valle del Sacco devono essere una priorità per la politica regionale, non possono rimanere ferme al palo o essere soltanto degli annunci. L’accordo siglato da Regione e Ministero dell’ambiente nel 2019, con un finanziamento di 53,6 milioni di euro, ha un cronoprogramma di interventi che necessita di conoscenza pubblica e di diffusione, cedendo potere e occasioni di partecipazione agli enti locali e all’associazionismo.
In questa campagna elettorale, breve e strana – concludono Coltré e Lorenzon – non possiamo permettere la vittoria degli slogan, deve esserci spazio per rimettere i temi al centro di tavoli cittadini, in cui scienza, ricerca e movimenti ecologisti possano parlare con chi è chiamato a sostenere e realizzare la conversione ecologica dei territori. Non ci può essere conversione ecologica senza la bonifica della Valle del Sacco.“