Ciao Gigi

Era il 27 Febbraio del 2003 quando Roma si bloccò, tutto era immobile, tutta la città sembrava essersi riversata completamente in Piazza San Giovanni per dare l’ultimo saluto ad “Albertone”… Ed ora? Come il popolo romano saluterà il suo amato “Gigi” per l’ultima volta?

Questo purtroppo nessuno di noi può saperlo, una sola cosa è certa, se n’è andato l’ultimo grande rappresentante d’una categoria ormai estinta, l’ultimo grande Mattatore ci ha salutato con il suo ultimo grande colpo di teatro, con l’ultima e definitiva chiusura di sipario.

Mattatore, Trasformista, Affabulatore, dalla critica sempre identificato come il naturale erede di Petrolini, la carriera di Gigi Proietti ha attraversato, sempre sulla cresta dell’onda, 55 anni di storia italiana passando per Teatro, Televisione, Cinema e Doppiaggio.

Come per molte cose una buona dose di fortuna serve sempre, è infatti il 1970 quando Domenico Modugno, a prove già iniziate, abbandona lo spettacolo di “Alleluia Brava Gente”, ufficialmente per lombosciatalgia, di fatto perchè convinto che la forza del personaggio di Rascel oscurasse il suo. Che fare? Garinei e Giovannini, riescono miracolosamente a trovare un sostituto, un giovane attore, sconosciuto ai più, che recitava testi seri e sperimentali: Luigi Proietti, che ha colto così il primo successo di massa della sua carriera.

Il passo successivo sono gli “One Man Show”, monologhi esilaranti puntellati da battute fulminanti, scritte dallo stesso Proietti insieme all’autore Roberto Lerici: su tutti è da ricordare “A me gli occhi, please” del 1976, più volte riadattato poi nei decenni successivi, sino quasi ai nostri giorni.

Una cinquantina di film al cinema nel corso di sessant’anni di carriera. Il film che rimescola però le carte della carriera, ma soprattutto della sua popolarità, in sintonia con i crescenti successi teatrali, è “Febbre da cavallo” di Steno del 1976. L’accanito scommettitore Bruno Fioretti detto “Mandrake” diventa una maschera comica cult per molte generazioni, al punto da spingere i figli di Steno, Enrico e Carlo Vanzina, a girare un seguito nel 2002 “Febbre da cavallo. La Mandrakata”.

E sempre legate al cinema sono le sue (non poche) incursioni nel doppiaggio. Su tutti la voce del Genio della Lampada in “Aladdin” e il Gandalf della trilogia “Lo Hobbit” di Peter Jackson.

Nella lunga carrellata dei successi di Gigi non si può non citare l’amatissimo Maresciallo Rocca, volto tra più amati e memorabili dell’arma dei Carabinieri sullo schermo, volto cui Proietti ha portato serietà, ironia e grande calore. 

Manca l’ultimo decennio, il periodo segnato dalla malattia che, comunque, non blocca la sua inesauribile energia e voglia di mettersi in gioco sempre di più; torna in scena con il suo amato Shakespeare vestendo nuovamente i panni di Edmun Kean, dimostrando ancora una volta la sua poliedricità, nonostante l’evidente fatica visibile al volto anche nel semplice gesto del sedersi; ed infine Cavalli di Battaglia dove unisce tutti i suoi “Pezzi Forti”, l’ultimo grande sforzo attoriale, nonostante la fatica, di regalare risate ed emozioni al pubblico che sempre lo ha seguito ed amato.

Almeno tre generazioni hanno identificato la figura del “Mattatore” in Gigi Proietti, e la giornata di ieri lo ha dimostrato, messaggi di vicinanza, cordoglio e ricordo nei confronti dell’ultimo pilastro dello spettacolo italiano, l’applauso generale della sua Città alle ore 20:00, la sua immagine proiettata sul Colosseo, andandosene il nostro Mandrake ha lasciato un vuoto incolmabile e, lo ammetto, continuo a pensare che la sua morte altro non è che la sua ultima “Mandrakata”.

Ciao Gigi.

Viva er teatro,dove tutto è finto,

ma niente c’è de farzo e questo è vero

e tu lo sai da prima se s’è tinto,

Otello er moro, oppuramente è nero,

nessun attore vero, vo’ fa crede

spignenno forte sull’intonazione,

che è tutto vero quello che se vede,

lui vole fa’ capi’ che è na finzione,

se je tocca morì sopra le scene

è vero che nun more veramente,

senno’ che morirebbe cosi’ bene?

capisci si com’è? Famme er piacere,

se morisse de morte veramente,

nun potrebbe morì tutte le sere

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