Le nostre labbra e i nostri seni finalmente potranno essere più pompati del nostro fisco, questo è uno slogan con cui potremmo definire la nuova proposta del centro destra, ossia quella di eliminare l’Iva da tutti gli interventi di chirurgia estetica.
Sembrerebbe essere un’ottima notizia, si sa che quando si parla di tasse, e soprattutto di Iva, si è tutti contenti di pagarne meno.
Ma questa riduzione fiscale che impatto potrebbe avere sul fisco italiano?
Partiamo dalle motivazioni che spingono il governo a proporre la riduzione dell’Iva: si sostiene infatti che gli interventi estetici influiscano sul benessere psicofisico di una persona (su questo siamo pienamente d’accordo). Effettivamente alcune persone si sentono a disagio con il proprio corpo, alle volte non sono sicure di se stesse a causa di difetti fisici e devono essere aiutate anche se – a mio avviso – sarebbe più utile recarsi dallo psicologo per tentare di risolvere i propri disagi legati all’autostima piuttosto che ricorrere ad espedienti come la chirurgia estetica.
Ricordiamo che il Governo ha stanziato dei fondi per il bonus psicologo che, seppur pochi, rappresentano il fatto che ci sia una maggiore attenzione da parte delle istituzioni a problematiche di questa natura. (Info bonus psicologo).
Ciò premesso, non sono qui per fare la moralista sulla chirurgia estetica ma per parlare della continua ricerca di fondi da stanziare per un progetto piuttosto che un altro e anche di quella voglia irrefrenabile che hanno i governi nel voler ridurre le tasse. In un momento di crisi economica come questo non credo sia prioritario per gli italiani avere seni turgidi, labbra a canotto e nasini da Barbie.
Annarita Patriarca, di Forza Italia, è stata la prima firmataria di una norma che afferma come gli interventi e trattamenti di chirurgia estetica debbano rientrare nelle prestazioni sanitaria, quindi non soggette ad Iva, poiché il concetto di salute negli ultimi anni si è esteso ed è necessario stare al passo con i tempi. Tra i firmatari della mozione abbiamo anche la leghista Simona Loizzo e il deputato di Fratelli d’Italia Luciano Ciocchetti.
La circolare dell’agenzia delle entrate
Esiste un’ambiguità fiscale a livello interpretativo: nel 2005 è stata diramata una circolare dell’Agenzia delle entrate con la quale si dichiarava che le prestazioni connesse al benessere psicofisico, quindi anche le prestazioni di medicina e chirurgia estetica, dovevano essere esenti dall’Iva.
Iniziò così una guerra tra gli uffici locali dell’agenzia delle entrate, in quanto questi ritengono doveroso il versamento dell’Iva, come stabilito anche da sentenza della Corte di giustizia europea, che stabilisce che solo gli interventi legati a traumi, situazioni di handicap e malattie debbano essere esenti.
La Corte di Cassazione, poi, con la sentenza n. 27947 del 13 ottobre 2021 risulta essere in linea con la Corte di giustizia europea. Con questa sentenza si stabilisce che sia il chirurgo a dover motivare l’intervento come la risoluzione di un problema dato da un trauma, da un handicap o da malattie; quindi, la dichiarazione del chirurgo ha valenza giuridica.
LA PROPOSTA DEL CENTRODESTRA
La mozione del centrodestra tende a sottolineare come l’ordine mondiale della Sanità definisca come salute lo stato di benessere psicofisico e non solo l’assenza di malattia.
Ricordiamo che esistono casi in cui gli interventi di chirurgia plastica sono mutuabili: mastectomia, per ricostruire il seno in seguito ad un cancro, oppure quando si ha un seno cresciuto in maniera eccessiva a tal punto da provocare problemi alla colonna vertebrale, oppure la rinoplastica in caso di setto deviato, la presenza del labbro leporino, in caso di obesità si può accedere ad interventi come la liposuzione o l’addominoplastica.
Quindi il Servizio Sanitario Nazionale è a conoscenza di queste situazioni e risulta essere sensibile in questi casi aiutando i propri cittadini a risolvere quei problemi che provocano problemi di salute. Parlando anche in termini economici una riduzione del seno costa meno che curare una persona con problemi alla colonna vertebrale, quindi il SSN ragiona anche in termini economici.
COS’è L’IVA?
Si definisce come Iva, l’imposta sul valore aggiunto, è un’imposta indiretta che viene applicata quando si produce o scambia un bene, incide sul valore complessivo di un bene, l’iva varia tra il 4% e il 22%, dipende dal bene in questione, abbiamo anche beni esenti dall’Iva come le prestazioni sanitarie, l’accesso alle attività culturali e alcune operazioni immobiliari come la vendita di un immobile all’estero.
E’ l’imposta indiretta che incide sul consumatore finale, non entro nei dettagli perché non deve essere una lezioni di economia.
Entriamo nel dettaglio.
Quanti interventi di chirurgia estetica si effettuano in Italia?
Nel 2020 in Italia sono state effettuate in totale circa 830.868 procedure estetiche, l’ammontare del giro d’affari del settore è di 1,4 miliardo di euro e non stenta a fermarsi, anzi, nell’era post pandemia risulta essere uno dei settori in crescita.
La rinoplastica risulta essere il secondo intervento più diffuso in Italia, ogni anno si registrano circa 23.000 interventi, il costo può variare tra i 600 euro e i 9000, dipende dalla complessità dell’operazione, per i rinofiller si possono spendere diverse centinaia di euro, mentre per l’intervento vero e proprio che comporta un’operazione i prezzi oscillano tra i 4.000 e i 9.000 euro.
Proviamo a fare insieme un esempio:
Ipotizziamo che 20.000 italiani abbiano optato per effettuare una rinoplastica. La media di spesa è 6.500 € con Iva al 22% (1.430 €)
Lo Stato incassa 28.600.000 €.
Prendendo in considerazione un solo intervento estetico ci rendiamo conto che stiamo parlando di quasi 29ml di euro che si andrebbero a perdere, a fronte di agevolare gli interventi estetici “superflui”.
Per quanto si possa essere comprensivi nei riguardi di chi vive un disagio con il proprio corpo è necessario anche capire dove si andranno a recuperare questi soldi scontati a chi vorrà sottoporsi a questi interventi.
Nel 2021 sono state registrate quasi 38.000 blefaroplastiche. Per chi non lo sapesse, ci stiamo riferendo al lifting che riguarda la zona della palpebra, il costo qui si aggira intorno ai 1000 €. Anche in questo è possibile accedere gratuitamente alla blefaroplastica nel caso in cui sia compromessa la funzionalità dell’occhio; dal punto di vista economico, stiamo prendendo in considerazione 38ml derivanti da questo intervento, quindi sono 8ml di Iva che sia andrebbero a perdere.
Mentre per quanto riguarda la mastoplastica – l’aumento del seno – si registrano circa 200 interventi al giorno, 55mila l’anno. Il costo è variabile e dipende dalle protesi utilizzate, dal tipo di intervento e da altri fattori. Possiamo considerare come 6.500 € il prezzo medio di questo intervento. Potremmo sicuramente continuare a fare i calcoli su tutte le altre operazioni effettuate che potrebbero diventare esenti dall’Iva, ipotizzando che spariscano circa 300ml di euro dalle casse dello stato. In che altro modo andremmo a recuperarli?
Sicuramente ci potrebbero essere anche essere dei benefici, in quanto si darebbe una spinta alla domanda grazie al forte risparmio dovuto all’esenzione dall’Iva, aumenterebbe il giro d’affari del settore a discapito delle casse dell’erario. Avremmo certamente dei cittadini, pressoché persone in grado di sostenere una spesa economica ingente, contente di aver risolto finalmente i loro disagi, o capricci, con il loro corpo ma uno Stato sempre più impoverito da manovra che si susseguono negli anni cercando di agevolare l’economia reale a discapito della progettualità della spesa statale.
È bene ricordare che le casse dello Stato sono come delle bilance, se si toglie un peso da una parte si alza qualcos’altro La spesa statale riguardante le infrastrutture, la sanità e l’istruzione in parte è stabile; a seconda dei governi che si susseguono ci sono riduzioni di spesa e variazioni, quindi siamo tutti in trepidante attesa di scoprire che esito avrà questa proposta.
Male che vada non avremmo un asilo per figli e nipoti ma tutti addominali perfetti e magnifici glutei.