Charles Michel: alla ricerca dell’accordo perduto

«È già stato fatto molto per portare avanti la proposta della Commissione relativa al futuro bilancio a lungo termine dell’UE. Mi congratulo con il Parlamento europeo e gli Stati membri in sede di Consiglio per l’impegno profuso e il lavoro svolto. È ora giunto il momento di cambiare marcia».

Cosi parlò Jean-Claude Juncker, ex presidente della Commissione europea, il 13 giungo 2019, alla vigilia delle proposte per il bilancio a lungo termine dell’UE per il 2021-2027. L’obbiettivo era quello di evitare degli impedimenti negli accordi, come avvenuto per il bilancio 2014-2020, sottoscritto con sei mesi di ritardo. Sei mesi che hanno portato posticipazioni in investimenti vitali e programmi Erasmus nonché ritardi nell’assegnazione di posti di lavoro che a loro volta hanno avuto implicazioni sulla vita reale dei cittadini europei.

Il 20 e 21 Febbraio 2020, il presidente Charles Michel, come riportato dal sito del Consiglio Europeo, durante la riunione straordinaria del Consiglio Europeo, relativa ai negoziati sul bilancio europeo per il periodo 2021-2027, ha riferito che «nonostante l’alacre lavoro, v’è necessità di più tempo». Dal 21 aprile al 27 maggio si sono susseguite diverse riunioni che hanno portato il Consiglio Europeo, in accordo con la Commissione Europea, a istituire un fondo di risanamento per rispondere alla crisi Covid-19 che fosse strettamente correlato al quadro finanziario pluriennale (QFP) per il 2021-2027.

Charles Michel, intervenuto in conferenza stampa, chiarisce come «questo è un passo importante nel processo decisionale. Aiuterà a indirizzare il sostegno verso i settori e le regioni più colpiti dalla pandemia di Covid-19». Le proposte sono state esaminate nel Consiglio Europeo del 19 giugno 2020. I leader dell’UE in videoconferenza hanno discusso il bilancio UE 2021-2027 e il piano per la ripresa volto a rispondere alla crisi Covid-19. Il presidente del Consiglio europeo Michel ha manifestato l’intenzione di tenere un vertice in presenza verso metà luglio e di presentare una proposta prima della riunione.

Parallelamente al Piano Finanziario Pluriennale (MFF), il quale ammonterà a 1,1 trilioni di euro secondo le parole di Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, all’interno del piano per la ripresa dell’Europa, è stato creato lo strumento Next Generation Eu da 750 miliardi di euro per il periodo 2021-2024, realizzato attraverso tre punti: aiutare gli Stati Membri a riprendersi, rilanciare l’economia e gli investimenti privati e trarre insegnamenti dalla crisi.

Questo strumento, di notevole importanza, presenta anch’esso necessità di accelerare le proprie tempistiche. Tempistiche che sono in grado di affossare l’agricoltura italiana come sottolineato anche dal presidente della Coldiretti, Ettore Prandini:

«Siamo fortemente preoccupati della tempistica delle risorse messe a disposizione dalla Ue con il Next Generation Eu per fronteggiare l’emergenza coronavirus perché il regolamento prevede che questi nuovi fondi potranno essere utilizzati non prima del 2022 nella migliore delle ipotesi e questo per noi è assolutamente inaccettabile per il periodo drammatico che l’agricoltura italiana sta attraversando».

Considerando che, nel gennaio 2020, la Coldiretti stessa aveva affermato che, per via dell’andamento climatico avverso, v’era stato un taglio del 2,7% del valore aggiunto lordo in agricoltura nel 2019, è possibile denotare come questo ritardo negli accordi, rischi di aggravare una situazione già complessa di suo.

Non solo l’agricoltura italiana, ma quasi tutti i settori dei paesi europei rischiano di subire importanti tagli. Ascoltando i dibattiti degli Stati generali sembra che il problema, però, voglia essere indirizzato solo all’Italia, alla Spagna e agli altri paesi deteriorati dalla crisi del Covid-19 mentre Olanda, Austria, Finlandia, Danimarca e Svezia continuano il loro dibattito per ottenere dei prestiti piuttosto che trasferimenti a fondo perduto.

Ciò ci riporta alla genesi del dilemma: se sia più giusto accelerare i tempi per salvaguardare le imprese nonché le vite dei cittadini europei o continuare dibattiti a favore di Paesi che richiedono maggiori sicurezze sull’erogazione dei fondi. 

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