“Sono stata una clandestina richiedente asilo, so cosa vuol dire essere nella terra di nessuno quando nessuno ti vuole”: proprio mentre Liliana Segre commuoveva con queste parole la Scala di Milano, ieri il CARA di Castelnuovo di Porto, pochi chilometri a nord di Roma, ha iniziato a svuotarsi. Entro fine mese infatti, il Centro richiedenti asilo, presente sul territorio da oltre un decennio, riconosciuto come modello di buona integrazione, e che per il suo operato ha raccolto negli anni numerosi premi, dovrà essere chiuso: così ha deciso il Ministero dell’Interno, che gestisce direttamente questo tipo di strutture attraverso le prefetture. Il motivo, spiega lo stesso Salvini dopo due giorni di mistero in cui era arrivata comunicazione della chiusura al Comune senza però una esplicita motivazione, è che il numero di migranti arrivati nel nostro Paese è fortemente diminuito e perciò strutture come il CARA sono un costo da tagliare perché ormai sovradimensionate. Motivazione ragionevole, come non si sono però dimostrate le modalità.
Con un preavviso minimo e in sordina è arrivato l’esercito a effettuare già da ieri i primi spostamenti che continueranno per tutti i trecentoventi ospiti, che saranno divisi e fatti spostare in base alla loro condizione: chi attende ancora una risposta alla domanda di protezione sarà portato in centri di accoglienza straordinaria, non ben definiti geograficamente. Per tutti gli altri che sono invece già titolari di protezione umanitaria c’è la strada, visto che per effetto del decreto sicurezza da un giorno all’altro perdono anche il diritto alla prima accoglienza. Finisce così un’esperienza fatta di progetti educativi, inserimento di circa ottanta persone in lavori di pubblica utilità e di 14 bambini nelle scuole, che lascia ad un futuro incerto anche i centosette lavoratori delle cooperative che si occupavano del centro e non sanno cosa sarà di loro, motivo per cui i sindacati hanno convocato una protesta al ministero dello Sviluppo Economico per il prossimo 24 gennaio. Una situazione che ha diviso il paese, tra chi con lo sgombero vede ristabilito il decoro, ritenendo che la struttura fosse un polo di criminalità, in particolare di spaccio in una zona già colpita dalle difficoltà delle periferie, e chi ritiene che si stia compiendo un’ingiustizia, al punto che è stata organizzata una partecipatissima marcia di solidarietà.
Una fotografia anche del Paese maiuscolo, con le opposizioni indignate che gridano alla deportazione, il Movimento 5 Stelle non pervenuto, impegnato a millantare quanta occupazione sarà creata per i cittadini col reddito di cittadinanza ma indifferente alla tutela dei posti di lavoro già esistenti, e Salvini che dalle dirette Facebook parla di “fine delle mangiatoie”, accostando la questione del CARA all’arresto di un immigrato a Napoli per tentato stupro, scatenando i commenti dell’Italia peggiore. Tra mille narrazioni però, il concreto non cambia: le centinaia di richiedenti asilo che diventeranno così clandestini irregolari non spariranno, i soldi per rimpatriarli non ci sono, non troveranno un lavoro regolare e saranno costretti allo sfruttamento del caporalato o a attività criminali, accattonando per le nostre strade. Un gioco elettorale che però riesce bene: alimentare la propaganda alimentando la clandestinità, a pochi mesi da quelle europee che decreteranno il futuro politico del leader della Lega. Seicento anni fa Sant’Agostino scriveva che non esistono tempi cattivi, sono gli uomini a renderli tali. Svegliatevi italiani brava gente.
Grazie Ludovica, articolo molto bello e toccante… ❤️