Pochi mesi fa si é discusso di un hard brexit o un soft brexit e di uscire dall’Unione Europea con o senza un accordo. Era questo il dilemma principale per il Regno Unito. Una soft brexit avrebbe mantenuto chiaramente molti vantaggi che avrebbero garantito un arco di tempo maggiore per la transizione dall’uscita dall’Unione. La frammentazione avvenuta all’interno del governo May però non ha permesso al primo ministro di poter portare a casa un accordo, di conseguenza siamo di fronte al “no deal”.
La May chiederà dai tre ai nove mesi per il rinvio della Brexit; questo tempo dipenderà da un delicatissimo incontro con il Consiglio Europeo e dalla coesione interna del governo britannico. Se entrambi questi vacillassero May chiederà nove mesi di proroga, un termine più lungo per cercare di temporeggiare e di rimediare. In questo caso l’Unione chiederà un motivo valido per concedere la proroga, altrimenti si andrà a nuove votazioni con un altro referendum, come é stato fatto intendere dal presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk. Il problema di Teresa May consiste nel fatto che i suoi colleghi di partito continuano a remarle contro, difatti ha ottenuto 188 voti contro da parte del partito conservatore all’emendamento concernente la Brexit e solo 122 a favore. Tra i dissidenti vi sono 8 ministri tra cui il ministro Brexit Steve Barclay.
Tutti gli Stati membri aspettano con ansia la prossima mossa della May in particolare l’Italia, la quale possiede molte imprese italiane nel Regno Unito e importanti accordi di import ed export al momento regolati dal diritto comunitario. Queste regole potrebbero cambiare irreversibilmente da un momento all’altro e ribaltare definitivamente quelle del commercio europeo e internazionale con il Regno Unito. Dato che l’adattamento commerciale richiederebbe tempo, il nostro Parlamento sta cercando di prepararsi all’opzione “no deal” così da fornire delle regole e indicazioni alle molte imprese italiane che importano o esportano con il Regno Unito.
Accordi di import export: non si possiedono. E in ogni caso, non esistono simili accordi dentro l’unione doganale: sarebbero inutili!
l’Italia possiede imprese UK? Al limite qualche cittadino italiano, ma niente di veramente grosso.
Non si esporta o importa con un paese ma in un paese.
Il nostro parlamento non si sta preparando a nulla, semmai il governo.
Potrei continuare ma non ho tempo.
Caro Giorgio, niente di veramente grosso? ne sei sicuro?
ti invito a consultare il sito della camera e del senato e poi ne parliamo, non si tratta solo del governo, apposite commissioni in senato stanno lavorando per fornire delle regole alle varie imprese italiane che hanno dei rapporti di import/export in UK.
Se tu non avessi avuto tempo non avresti neanche commentato, ergo la prossima volta non far perdere energie neanche a me.
Saluti