Brexit, cinque anni fa il referendum “leave or remain”. Il Regno Unito non fa più parte dell’UE ma le incognite sul futuro ancora sono molte

Il 23 giugno del 2016 il 51,89% dei britannici votò a favore dell’uscita dall’Unione Europe. Dopo anni di trattative, l’accordo di divorzio è stato raggiunto, ma le incognite sul futuro sono ancora molte e i benefici per i britannici risultano ancora molto illusori. Un risultato a sorpresa, arrivato al termine di una lunga rimonta del Leave sul Remain.

Da allora e ancora oggi non si trova risposta alla seguente domanda: “cosa succede con la Brexit?”. Dopo il referendum, in Gran Bretagna si sono alternati quattro governi (tutti conservatori), due primi ministri (Theresa May e Boris Johnson) e altrettante elezioni. Ma soprattutto il Paese ha attraversato un tunnel che sembrava senza fine: quello della trattativa per definire un accordo di divorzio che risultasse accettabile tanto a Bruxelles quanto al Parlamento di Westminster. Alla fine la hard Brexit, ossia l’uscita incontrollata dall’Unione, non è avvenuta. Ma le incognite sono ancora molte.

Sotto il profilo economico, dal 2016 sono state prodotte previsioni di ogni tipo sugli effetti della Brexit. Nel frattempo a livello globale tutti gli stati hanno affrontato lo shock pandemico della crisi Covid-19. Tuttavia, a differenza degli stati membri dell’UE, il Regno Unito non ha potuto beneficiare del Next Generation EU per contrastare la pandemia. Pertanto, uscendo, il Regno Unito ha dovuto farsi carico della crisi puntando solo sulle proprie risorse e perdendo i benefici come stato membro UE. Saranno molti gli accordi commerciali da ri-discutere con stati membri UE (Belgio, Olanda e Francia in primis) con l’alta probabilità di ottenere risultati meno favorevoli. Inoltre, secondo le stime degli analisti, ci sarà un enorme calo degli studenti, ricercatori e lavoratori europei che sceglieranno il Regno Unito come meta per il loro futuro accademico o lavorativo viste le nuovi condizioni europei per ciò che concerne il nuovo visto per i cittadini UE.

Sul versante politico, invece, è innegabile che la Brexit abbia aumentato l’instabilità all’interno del Regno Unito. Si torna a parlare dell’Accordo del Venerdì Santo che ha interessato anche il recente G7 e il Presidente statunitense Biden. Continua a far discutere l’applicazione del protocollo sull’Irlanda del Nord, in un tema molto dibattuto come quello quello salsicce britanniche. L’Irlanda del Nord è rimasta all’interno del mercato unico europeo ragion per cui le merci che provengono dal resto del Regno Unito devono essere sottoposte a controlli alla frontiera.  Alcuni analisti ritengono tuttavia che la soluzione trovata sia il primo passo verso l’unificazione dell’Irlanda. Così come auspicato in un’intervista dall’Irish Time il 15 giugno 2021 dall’ex Taioseach della Repubblica d’Irlanda Leo Varadkar, ovvero l’ex capo del governo della Repubblica d’Irlanda. L’altra grande questione riguarda la Scozia, dove la premier Nicola Sturgeon, che ha da poco stravinto le elezioni con dei risultati storici, chiede di ripetere il referendum del 2014 sulla secessione della Scozia dal Regno Unito. E il motivo è semplice: sette anni fa, secondo la prima ministra, gli scozzesi decisero di non separarsi dalla Gran Bretagna per rimanere in Europa. Ma ora che la Brexit è in realtà, hanno diritto a votare di nuovo. Non a caso in Scozia la maggior parte della popolazione votò per rimanere nell’Unione Europea.

Riuscirà a decollare la Global Britain auspicata dal Partito Conservatore? Il Premier britannico Boris Johnson ha giocato un ruolo di primo piano nella campagna per lasciare l’UE e ora sta cercando di mantenere le promesse. Dopo un’ottima campagna vaccinale e il piano di sostegni più esteso della storia del Paese per contrastare la pandemia, l’attuale governo sta assumendo un funzionario per identificare le opportunità post-Brexit perseguendo accordi commerciali con paesi come Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda.

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