Più vicino a John Le Carre che a 007, Black Bag è una conferma della versatilità di Steven Soderbergh
Con il suo horror Presence uscito da pochi mesi, come un doppio colpo o un intricato gioco di specchi, Steven Soderbergh è di nuovo in sala con Black Bag, un misurato e sofisticato thriller dallo spirito noir, dove dimostra ancora una volta la sua versatilità e maestria narrativa.
Il regista è capace come pochi a gestire il dualismo nell’alternare complesse produzioni da blockbuster ( ad esempio la trilogia Ocean Eleven) a progetti più contenuti, veri e propri laboratori di idee. Black Bag è la prova duplice anima del suo cinema: da un lato, il voler mettersi in gioco e sperimentare ad ogni frame; dall’altro, il saper plasmare il corpo delle star Hollywoodiane e creare scene dal forte impatto visivo.
L’atmosfera è densa come la nebbia notturna di una metropoli (Londra nello specifico), un sorprendente piano sequenza segue George (Michael Fassbender) nel retro di un club, scenario per una verità scomoda: c’è una talpa all’interno dell’agenzia, e il nome di sua moglie Kathryn (Cate Blanchett) spunta tra i sospettati. George e Kathryn Woodhouse sono una coppia di agenti del National Cyber Security Centre. Il loro matrimonio è invidiabile, non hanno figli e fanno all’amore. Ma la rivelazione corrode l’anima di George. Cosa conta di più la lealtà verso il suo paese o l’amore per la donna che ha sposato?
L’intero film si svolge come una sfilata elegante su una passerella, dove l’accumularsi di segreti e tranelli dà vita a un affascinante gioco di gatto e topo, una tensione sfumata tra dialoghi brillanti e colpi di scena che ripaga pienamente la pazienza dello spettatore. È il cast di supporto ad arricchire ulteriormente questo affresco noir: Pierce Brosnan, nel ruolo del freddo comandante dell’agenzia; Regé-Jean Page, Naomie Harris, Tom Burke e Marisa Abela aggiungono strati di complessità, trasformando ogni personaggio in un tassello fondamentale di un puzzle che solletica la curiosità più cinica.
Dinamiche che funzionano benissimo nella scena clou, che evoca l’atmosfera claustrofobica e l’intensità di certo cinema di Roman Polanski degli anni 2000: una cena con i quattro dei colleghi della coppia, che sono anche coinvolti sentimentalmente fra loro, per cercare di smascherare chi potrebbe essere il traditore. In questo salotto d’intrighi, ogni sguardo e ogni parola si fanno portatori di segreti e sospetti, trasformando il confronto in un raffinato gioco di ombre, in cui è la stessa realtà a vacillare
Black Bag è una storia classica, dove gli intrighi si rivelano in ogni pagina vivida e impeccabilmente scritta (sceneggiatura di David Koepp), lasciando il pubblico, come lettori attenti di un romanzo noir, con la soddisfazione di aver scoperto un segreto svelato solo a chi sa coglierne ogni sfumatura.