Il 3 luglio 2023 Israele ha dato il via a una operazione militare nel campo profughi a Jenin, in Cisgiordania. L’attacco è avvenuto precisamente nella notte tra domenica 2 luglio e lunedì 3 luglio ed è stato considerato uno dei più feroci mai avvenuti nella storia dello Jenin.
Attualmente, il bilancio delle vittime (10 palestinesi uccisi) e feriti (100) è ancora da confermare ma si può affermare con certezza che l’attacco è stato lanciato dall’alto con droni e missili, come non succedeva da almeno 20 anni. Poi è proseguito via terra, con mille militari dell’esercito israeliano che sono entrati nel campo profughi in cerca di armi e munizioni, come se fossero un covo di terroristi da eliminare.
Donne, uomini, bambini vivono in questo ghetto nel nord della città, costruito nel 1950 e considerato da Israele un rifugio del terrorismo palestinese. Non si può negare, effettivamente, che tra le altre persone ci siano anche membri di organizzazioni come Hamas o come il Jihad islamico delle Brigate Jenin, responsabile di attacchi numerosi contro cittadini israeliani nell’ultimo periodo. Questo però non deve giustificare operazioni che possono diventare dei veri massacri di civili.
Ciò che desta sospetto e alimenta la tensione è che Israele e il governo di Netanyahu – di estrema destra – avevano abbandonato da un po’ di tempo il pensiero dell’utilizzo di armi potenti come droni e missili. Lo scorso inverno, però, il pensiero è tornato in voga. Che sarà uno dei tanti effetti domino della guerra in Ucraina? Non possiamo dirlo con certezza ma questo attacco ha avuto delle conseguenze di non poco conto. Proteste, rivolte e controffensive sono state avviate dalla folla scesa in piazza in Cisgiordania per ribellarsi alla violenza israeliana.
La tensione tra Palestina e Israele sta raggiungendo livelli molto altissimi: di certo non aiuta l’atteggiamento aggressivo – sia dal punto di vista militare sia dal punto di vista esecutivo – del governo di Netanyahu. Ad esempio, prima del raid Israele aveva annunciato la costruzione di oltre 5 mila case illegali in Cisgiordania che porterebbe, così, all’indebolimento del potere palestinese sul territorio.
Antica Storia di Jenin
La città di Jenin, situata in Cisgiordania, è diventata un simbolo della lunga e complessa storia di conflitto tra Palestina e Israele. Questa città, in particolare, ha vissuto momenti di estrema tensione e violenza, attirando l’attenzione internazionale. Nel corso degli anni, la sua storia ha alimentato le controversie e le dispute tra le due parti coinvolte, che rivendicano diritti e territori in questa regione.
Le radici storiche di Jenin risalgono a tempi antichi, quando la regione era parte del regno di Canaan e successivamente dell’Impero Romano. Nel corso dei secoli, la città ha subito diverse dominazioni, inclusa quella degli Ottomani e dei britannici. Durante il mandato britannico in Palestina, nel XX secolo, le tensioni tra i coloni e la popolazione locale iniziarono a emergere.
Il conflitto Israelo – Palestinese
Dopo la fondazione dello Stato di Israele nel 1948, il conflitto con la popolazione palestinese si intensificò. Jenin fu occupata da Israele nel corso della guerra arabo-israeliana del 1948-1949 e divenne parte dell’occupazione israeliana della Cisgiordania nel 1967. Nel 1995, in seguito agli accordi di Oslo, Jenin fu assegnata all’autorità palestinese come parte dell’Area A, sotto il controllo amministrativo e civile palestinese.
Uno dei momenti più critici nella storia di Jenin fu l’operazione militare israeliana del 2002, nota come “Operazione Difensiva”. L’obiettivo era eliminare le organizzazioni terroristiche palestinesi presenti nella città e porre fine agli attentati suicidi. La battaglia di Jenin, che durò diverse settimane, portò a uno scontro violento tra l’esercito israeliano e i combattenti palestinesi.
Durante e dopo l’Operazione Difensiva, sorsero accuse contro Israele di aver commesso crimini di guerra, compreso l’uso eccessivo di forza e la distruzione indiscriminata di proprietà civili. Secondo alcune fonti palestinesi, un gran numero di civili palestinesi, inclusi donne e bambini, furono uccisi durante l’operazione. Tuttavia, Israele respinse queste accuse, sostenendo che l’operazione era stata diretta contro i militanti palestinesi.
Verità o menzogna su Jenin?
La battaglia di Jenin ha generato un acceso dibattito sulla verità storica degli eventi. Le versioni dei fatti presentate da entrambe le parti sono fortemente contrastanti, e le indagini indipendenti sulle accuse di crimini di guerra hanno prodotto conclusioni divergenti. Questa disputa sulla verità degli avvenimenti ha alimentato la persistente contesa tra Palestina e Israele riguardo a Jenin.
Situazione attuale
Il presidente palestinese Abu Mazen chiede che il vergognoso silenzio in cui la comunità internazionale si è chiusa in questi 20 lunghissimi anni sia rotto e che si proceda con durissime condanne per crimini di guerra. Giordania ed Egitto hanno già proclamato la loro condanna al raid israeliano, ora tocca agli altri agire seriamente per fermare il massacro.
L’obiettivo delle truppe è stato quello di requisire armi e scoprire depositi segreti nel campo profughi. Scontri a fuoco non sono mancati attorno alla moschea del campo. La quotidianità di un villaggio distrutta in meno di 24 ore… di nuovo!
Anche il mese scorso un drone israeliano, poco lontano dal campo, ha ucciso tre sospetti miliziani. Pochi giorni prima, furono arrestati due ricercati per poi tramutarsi in uno scontro a fuoco in cui i morti sono stati 5 e i feriti almeno 60.
Il presidente palestinese ha denunciato più e più volte gli accaduti, che di certo non aiutano a raggiungere sicurezza e stabilità nella regione. «Il popolo palestinese non si inginocchierà, non si arrenderà, non alzerà bandiera bianca e rimarrà saldo sulla propria terra di fronte a questa brutale aggressione, fino a quando l’occupazione non sarà sconfitta e la libertà non sarà raggiunta».