Il neorealismo è stato l’argomento di un precedente articolo ed è stato esaminato, guardando al percorso artistico di due grandi figure del panorama culturale italiano: Vittorio De Sica e Pier Paolo Pasolini. Ma c’è stato un altro grande regista italiano, che ha trovato nel neorealismo un’iniziale fonte d’ispirazione: Michelangelo Antonioni.
Egli fu un artista con una personalità complessa, che ha seguito una sua filosofia della solitudine. Antonioni non cercò mai la simpatia del pubblico anche se quest’ultimo lo ha molto amato quando egli affrontò il tema dell’incomunicabilità: tematica molto sentita negli anni Sessanta. In questo periodo egli filmò tre opere cinematografiche dedicate all’universo femminile: “L’avventura”, “L’eclissi”, “La notte”.
Per Antonioni fu importante il rapporto dell’uomo con se stesso in tutta la sua complessa ed inquietante verità. Come non ricordare il suo capolavoro “Blow up”, in cui Antonioni presenta la città di Londra dipinta con tinte fosche e con una mirabile fotografia.
Nel 1942 girò un documentario dal titolo “Gente del Po”, che aderiva perfettamente alla tendenza neorealista. Antonioni la definì una storia di pescatori e di vita lungo il fiume. Nel 1948 invece girò un altro documentario N.W. Nettezza Urbana ed aveva come soggetto l’esistenza dei netturbini a Roma. Usò un montaggio assolutamente libero dagli schemi, con inquadrature staccate ed isolate, che diedero un’idea meditata di quello che voleva esprimere.
Il Neorealismo trova la sua massima esaltazione nel cinema di Antonioni nell’opera “Il grido”. I personaggi e la storia esprimono il malessere dell’uomo contemporaneo e tutto il film è permeato del pessimismo, sentimento centrale nell’arte di Antonioni. Aldo, il protagonista di questo film, passa da una delusione all’altra nel suo inutile e simbolico girovagare alla ricerca della felicità e dell’amore. Alla fine entrando in una fabbrica decide di suicidarsi: il pessimismo e l’incomunicabilità sono stati i suoi assassini.