Le considerazioni che seguono sono ispirate a due recenti fatti di cronaca.
Il primo riguarda quanto avvenuto a Mandello Lario dove, nel corso di una partita di calcio fra squadre giovanili, si è scatenata la bagarre sugli spalti quando il pubblico, in gran parte costituito da genitori dei ragazzi in campo, ha fatto esplodere un petardo, ha lanciato sassi e ha intonato cori razzisti all’indirizzo di alcuni calciatori. Saggia è apparsa, dopo tali episodi, la decisione del sindaco di far disputare a porte chiuse gli incontri successivi.
L’altro episodio riguarda l’ennesima aggressione subita da medici e infermieri in un pronto soccorso da parte dei parenti di un paziente.
Sul primo episodio va sottolineata la gravità dell’accaduto, soprattutto se si considera che ne sono stati responbsabili i genitori dei giovani calciatori. Quei genitori, anziché insegnare ai figli di praticare il calcio con spirito Sportivo (in maiuscolo, nel senso più nobile del termine), che significa rispetto dell’avversario, ricerca di valorizzare i propri meriti ma contemporaneamente riconoscere quelli altrui, incitano i figli ad un agonismo che diventa competizione esasperata, pronta a calpestare tutto e tutti pur di prevalere.
Quanto al secondo episodio dobbiamo meditare sul fatto che, se è vero che talora anche i medici sbagliano, come tutti gli esseri umani, ciò non avviene così spesso – aggiungerei per nostra fortuna – come si può pensare. Lo dimostra il fatto che delle innumerevoli cause intentate e denunce sporte nei loro confronti una percentuale minima ne riconosce la fondatezza.
Ma se il proliferare delle cause e delle denunce denota un malcostume che negli ultimi decenni abbiamo importato da oltreatlantico, ben peggiore atteggiamento è quello che si concretizza nelle aggressioni fisiche.
Certamente chi si rende colpevole di tali aggressioni non considera una verità purtroppo indiscutibile e cioè che la medicina, pur con tutti i suoi progressi, non è una scienza esatta.
Se poi le aggressioni sono la reazione a disagi di tipo organizzativo, quali ritardi, carenza di letti o attese troppo lunghe, dobbiamo considerare che delle criticità del nostro sistema sanitario i medici e gli infermieri non sono colpevoli ma ne sono vittime tanto quanto gli utenti.
Concludendo, dobbiamo abituarci a considerare quelli citati non come piccoli fatti di cronaca che oggi leggiamo e domani dimentichiamo, ma come sintomi di un crescente disagio socio-culturale cui tutti noi, ciascuno nel proprio piccolo o grande ambito, dobbiamo cercare di porre rimedio.