Arrivano i buonisti, quelli veri

Sanremo non è il festival della canzone italiana e basta. È il festival degli italiani, in tutto e per tutto: della loro splendida moda, oltre che della musica, dei personaggi importanti, delle polemiche, dei pettegolezzi. È una splendida vetrina che dura una settimana intera e occupa le chiacchierate al bar per altre due almeno. Nemmeno gli illustri vicepresidenti del consiglio ne sono esenti, come non lo sono da alcun altro tipo di chiacchiera da bar (perché mai per Sanremo dovrebbero fare un’eccezione?). Quest’anno, poi, il gossip da spolpare è particolarmente succulento: come resistere alla tentazione di sostenere le manie di grandezza di tale Ultimo, secondo arrivato a Sanremo, ventitreenne agli albori della musica che già reclama premi perduti quanto Loredana Bertè? “Il voto popolare! La giuria di merito non conta!” bercia il cantante, e i vicepresidenti dietro, con Salvini che commenta a caldo subito dopo la vittoria di Mahmood e Di Maio che propone la giuria popolare autonoma per il Sanremo del prossimo anno.  

Per fortuna che c’è Simone Cristicchi. Simone Cristicchi, quello di “Ti regalerò una rosa”, per capirci, si è presentato con una canzone semirecitativa e ha fatto commuovere mezza Italia. Il duetto con Ermal Meta, che non è nuovo a testi con messaggi così espliciti e profondi, ha solo aggiunto carattere e rifinitura.  C’è chi ha preso la canzone e l’ha portata in mezzo ai ragazzini di un’aula scolastica, perché si è reso conto che persino loro possono capirne la bellezza. 

“Abbi cura di me”, canta Cristicchi, perché, oltre le fanfaronate, il ruolo dell’artista è ricercare l’essenziale, il bisogno indispensabile che giace in ogni uomo, in modo diverso a seconda dell’epoca. Una parte di questo bisogno è il ricevere amore, ma saperlo chiedere, come nel titolo della canzone, è il dono che non tutti siamo ancora riusciti a ricevere.  

“Più che perle di saggezza sono sassi di miniera/che ho scavato a fondo a mani nude in una vita intera”, canta ancora Cristicchi, perché sa che gridare consigli ed esortazioni è un mestiere difficile e che nemmeno l’artista, oggi, può farlo senza tenere conto della sensibilità degli altri. E quella sensibilità si tocca, si salva, si cattura ammettendo di aver fatto tanta fatica a guadagnarsi un pezzetto di consapevolezza. 

“La vita è l’unico miracolo a cui non puoi non credere”, e non ci sarebbe nemmeno bisogno di commento. Una persona saggia, una volta, mi ha detto che nella vita non si può dire di no a tutto, non si può non credere in niente. C’è sempre qualcosa di fronte a cui il nostro buonsenso deve piegarsi e accettare il meraviglioso.  

“Il tempo ti cambia fuori, l’amore ti cambia dentro/basta mettersi al fianco invece di stare al centro”: incredibile, non lo dice mai nessuno o forse lo dicono tutti, ma pochi in modo così chiaro. Abbiamo pudore dell’essenza vera dell’amore, che è “l’unica strada, l’unico motore, la scintilla divina che custodisci nel cuore”.  

Non è una canzone semplice, perché la verità che trascina non è una verità semplice: per fare quello che canta Cristicchi non basta una vita di sforzi, ma l’importante, mi dicono, è sapere di volerlo fare, tenere lo sguardo fisso all’orizzonte, ricordarsi che “ognuno combatte la propria battaglia”, quindi “tu arrenditi a tutto, non giudicare chi sbaglia; perdona chi ti ha ferito, abbraccialo adesso, perché l’impresa più grande è perdonare sé stesso.”  

Nessuna vittoria sfumata può davvero oscurare questo messaggio. Simone è davvero artista, interprete delle nostre reciproche fragilità, dei sentimenti che proviamo tutte le volte che cadiamo, soffriamo, ci spezziamo a metà e facciamo una fatica enorme a rimettere insieme i cocci: nessuno è esente, nessuno può fingere di non conoscere questi step. Ecco perché il suo messaggio è condivisibile, comunitario, universale; ecco perché ne abbiamo bisogno; forse, chi ha definito buonisti gli estimatori di Mahmood si scandalizzerà ulteriormente di fronte a tanta epidemia di buoni sentimenti, ma, se ci si sente in diritto di scatenare torrenti di parolacce e insulti, credo proprio che non ci si possa scandalizzare di chi ha la benedetta spudoratezza di sbandierare cosa possa ancora voler dire, oggi, essere umani. 

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