Silvia Romano, con la conversione all’Islam effettuata nel periodo di prigionia tra Kenya e Somalia, ha deciso di chiamarsi Aisha. Si tratta di un nome rilevante per la tradizione islamica, denso di storia e importanza per il popolo musulmano e molto comune nella società religiosa. Al di là dei dubbi sull’autenticità dell’adesione al Corano, che esulano dall’analisi in questione, per capire il motivo della scelta del nome “Aisha” è opportuno ricucirne i fili all’interno della storia dell’Islam.
Aisha (613-678), detta la “Madre dei credenti” (Umm al-Muminīn), era la figlia di Abu Bakr, primo Califfo dell’Islam, e poi la principale sposa di Muhammed.
Da giovane, Muhammed sposò Khadijah, una ricca mercante della Mecca, la quale mentre era in vita fu la sua unica donna e morì nel 620. Da quel momento in poi, egli iniziò a circondarsi di molte mogli e concubine, tra cui Aisha, la più nota tra esse. Della sua vicenda, come di tutte le storie del Profeta, abbiamo notizie dagli Hadith, i racconti che furono tramandati prima oralmente, poi per iscritto e hanno importanza come fonti di norme religiose. Il padre di Aisha, Abu Bakr, fu il primo (eccetto Khadijah) a credere in Maometto: fu il suo primo discepolo, il primo amico e sostenitore e poi ne divenne anche il primo successore.
Quando Muhammed sposò Aisha, costei aveva circa 6 anni, tuttavia il matrimonio fu consumato quando divenne pubere, come da trazione, ossia intorno ai 9 o 11 anni. Un Hadith racconta che Aisha portò con sé a casa del Profeta anche le bambole e, quando Muhammed non stava in casa, faceva venire i suoi coetanei e giocava con essi. Una volta tornato, però, i bambini avevano soggezione e si nascondevano: allora egli li richiamava e assisteva ai loro giochi.
Quando Aisha aveva circa 18 anni, Muhammed morì senza averle dato un figlio. Lei visse a lungo, per altri 50 anni, durante i quali dapprima il Califfato passò a suo padre, poi ad altri due eredi e infine a suo cugino ‘Ali, che in passato l’aveva accusata di infedeltà. Si combatté una battaglia tra la parte di Aisha e il cugino, finita in una disfatta per la donna che tuttavia, per il prestigio di cui godeva, non fu toccata. Lasciò l’attività politica e si ritirò per il resto della vita nella casa del marito, nella quale contribuì alla stesura di molti Hadith e di alcune Sure del Corano; per molti anni infatti era stata la persona più a diretto contato con il Profeta e pare avesse una memoria prodigiosa. Per tali ragioni fu denominata, come sopra scritto, la “Madre dei credenti”.
La vicenda dell’unione tra Muhammed e Aisha (ancora bambina) non va giudicata con occhio moderno, bensì con la prospettiva dei tempi. Le folle arabe proclamarono Muhammed il “Messaggero di Dio” (Rasul ‘allah) e tuttora, nel pronunciare il suo nome, aggiungono l’eulogia “salla Allahu alayhi wa sallam” (pace e benedizioni di Dio su di lui) in segno di rispetto. Abu Bakr si sentì onorato di dare sua figlia in sposa al Profeta. Pertanto, risulta difficile pensare che si fosse trattato di un’oscenità oltraggiosa al pudore, se si adotta una visione coerente con la società musulmana dell’epoca e se si considera la stima di cui Muhammed godeva tra le genti. Inoltre al tempo non si dava importanza alla sessualità femminile: un matrimonio desiderabile per una fanciulla era quello che le avrebbe procurato un buon posto nella società. Meglio sposare un uomo importante, non importa se anziano, che un giovane qualunque. Il primo l’avrebbe innalzata in società, il secondo solo oppressa di lavoro. E infatti se Aisha avesse sposato un giovane e aitante guerriero, avrebbe consumato la sua vita nell’accudire i figli e nessuno si sarebbe mai ricordato di lei.
Infine, occorre notare che noi – uomini contemporanei occidentali – partiamo dall’idea che nel mutamento dei tempi cambino anche i parametri di giudizio. Tuttavia, quest’idea è propria dell’Occidente moderno. Nell’islam è diverso: c’è un’immutabilità delle regole sociali, giacché la Shariʿah (il cammino che guida alla fonte) che porta a Dio è stata indicata da Dio stesso, essa è eterna e immutabile nonché incontestabile dagli uomini.
La questione islamica è racchiusa nel seguente interrogativo: la legge divina deve essere inverata nei tempi (come avviene nel Cristianesimo) oppure mantenuta nella sua purezza e interezza come nei primi periodi della predicazione di Muhammed?
Nel primo caso, l’Islam si può conciliare con la modernità (intesa anche nei termini della globalizzazione) e con l’Occidente, nel secondo caso entra in conflitto coi tempi moderni e con l’Occidente. E così nasce una guerra senza fine che da anni si combatte invano con tante altre guerre.
Sarebbe bello capire perché la stessa religione ha portato a interpretazioni così diverse tra loro