L’Italia e la procedura di infrazione per debito eccessivo

Mercoledì 21 Novembre la Commissione europea ha chiesto l’apertura di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per “debito eccessivo”.

Ma cosa significa?

La Commissione Europea ha giudicato il deficit della legge di bilancio eccessivo e ciò potrebbe violare i parametri europei sulla riduzione del debito, mettendo in questo modo in pericolo la stabilità economia nazionale. Del resto anche i mercati finanziari lo avevano preannunciato, basti vedere il repentino incremento dello spread BTP, che al valore attuale è di 306,601.

La procedura di infrazione è lo strumento usato spesso dalla Commissione ed ha delicato compito di assicurarsi che i governi europei non si indebitino troppo, è volto difatti a cercare di favorire la ripresa. Al momento l’unico paese ancora sottoposto a una procedura d’infrazione è la Spagna, anche se sta facendo notevoli passi per le politiche strutturali per il proprio paese.

Che cos’è la procedura d’infrazione per debito eccessivo?

Qualora la procedura venga ufficialmente aperta (che dovrebbe essere ufficializzata per gennaio 2019), vengono seguiti alcuni passaggi previsti dall’articolo 1262 dal Trattato sul funzionamento dell’UE. Lo stato ha tempo dai tre ai sei mesi per raggiungere gli obiettivi fissati in deroga dal Consiglio. Scaduto tale termine, la Commissione Europea deve valutare se lo stato abbia preso o meno le c.d. «misure efficaci» per raggiungere l’obiettivo di correzione e a sua volta, deve informare il Consiglio delle sue valutazioni. Se il giudizio della Commissione è positivo, il Consiglio ne prende atto e a quel punto la Commissione può decidere di chiudere la procedura di infrazione.

Se invece al termine del periodo stabilito il parere della Commissione è negativo, il Consiglio può decidere se imporre ulteriori sanzioni, fino a quando il paese non rientra nei parametri stabiliti.

Le sanzioni europee sono di tre tipi: la trattenuta di una percentuale del PIL; una multa con una base fissa dello 0,2 per cento di PIL, che può arrivare a un massimo dello 0,5 per cento (sembrano poco ma concretizzato per Italia: parliamo di circa 9 miliardi di euro); e la sospensione, parziale o totale, dei fondi strutturali europei destinati al paese sotto esame.

A quel punto subentra di nuovo la Commissione Europea: se il giudizio diventa positivo, si avviano le pratiche per chiudere la procedura. Altrimenti, le sanzioni vengono rinnovate.

Occorrerebbe forse, da parte della politica, più rispetto per le istituzioni europee, che sono anche le nostre. Noi siamo l’Europa. Per evitare questi possibili scenari si dovrebbe evitare di deridere funzionari europei, si dovrebbe evitare di sbraitare sguaiatamente contro l’Europa e rispettare quei parametri che sono stati firmati e ratificati anche dai nostri governi.

Si deve in altre parole, volgere lo sguardo in una prospettiva costruttiva, volta al costante dialogo. Perché dopo tutto, anche noi siamo una parte delle Europa.

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