Basket: l’Olimpia torna nell’Olimpo

Dopo 29 lunghissimi anni di attesa, l’Olimpia Milano, unica rappresentate italiana nel massimo campionato continentale, tornerà a disputare le “Final 4”, ossia le semifinali del torneo appena citato. Il traguardo raggiunto è importantissimo, non solo perché era da un decennio che una squadra italiana non arrivasse tra le prime quattro d’Europa, infatti l’ultima a riuscirci fu l’ormai defunta MPS Siena, ma sopratutto perché il nostro basket sta vivendo forse il suo periodo più buio con tantissime società sull’orlo del fallimento, una nazionale che ha buone prospettive ma non vince nulla dall’argento Olimpico del 2004 e, sopratutto, una mancanza totale d’interesse da parte dei privati e delle istituzioni in uno sport bellissimo ma che in questo Paese non è valorizzato come dovrebbe.

Per l’Olimpia stessa questo successo rappresenta un vero e proprio “trampolino di rilancio” perché Milano è considerata come una delle grandi decadute d’Europa, ossia una squadra che ha vinto tantissimo in passato, ma che per molto tempo non è riuscita a tornare sui livelli a cui era abituata, più o meno come l’Ajax nel calcio, con le dovute precisazioni.

Per comprendere appieno l’importanza del successo ottenuto ieri dalla squadra di Coach Messina, ecco le parole che lo stesso ha rilasciato in conferenza stampa, in maniera schietta e diretta, come ha sempre fatto: “Ho fatto 4 final four,…. ma questa ha un sapore diverso per tanti motivi, uno perché tornavo in Italia dopo tanti anni, due perché sembrava che, per un motivo per l’altro, a Milano le cose si facessero un pochino bene e un pochino male. Siamo riusciti a mettere insieme un gruppo di persone che condividono un modo di giocare e di comportarsi. Bisogna seguire determinati modi di stare insieme perché poi il talento sia effettivamente decisivo o perché le cose avvengano. Poi col talento si perde anche, ma forse c’è una speranza in più di rimettersi a vincere”.

C’è una frase in particolare però che ha colpito la sala stampa, perché ad un certo punto il coach dice: “Se non fate domande a Mario me ne vado. Lui è il senso di questo club e di tutte le persone che hanno lavorato qua”. Quel Mario di cui parla il coach è Mario Fioretti, assistente allenatore sulla panchina milanese da un decennio e una delle pochissime persone che ha affrontato tutto il percorso di crescita che ha portato l’Olimpia dov’è oggi, non senza difficoltà né tantomeno periodi bui, in cui la squadra era una dei fanalini di coda della competizione nonostante le ingenti risorse messe a disposizione dal patron Armani e la quantità di campioni passati sul parquet del “Mediolanum Forum”.

Quello che il coach voleva sottolineare è che questo successo non arriva grazie al suo lavoro e basta, ma da quello di anni di sofferenze e di errori, che sono stati man mano recepiti e risolti e che hanno permesso a tutta la Milano del basket di vivere quello che forse è il punto più alto della nostra pallacanestro nell’ultimo decennio insieme alla partita di euro 2015 con la Germania.

Detto questo, Milano non ha fatto nulla, perché arrivare alle Final 4 è sicuramente un qualcosa di importante, ma la conferma che la squadra milanese sia tornata stabilente tra le grandi deve necessariamente arrivare l’anno prossimo, dove a questo punto la qualificazione tra le prime 4  sarà quasi un obbligo.

Restando al presente, è giusto che Milano si goda quello che ha stra-meritato sul campo ma senza perdere la concentrazione perché, anche se Barcelona ed Efes sono sulla carta le due favorite ed il CSKA è una squadra abituata a questi palcoscenici, l’Olimpia ha dimostrato di giocarsela con tutte e tre le altre pretendenti senza mai sfigurare, dimostrando ulteriormente il cammino superlativo compiuto finora dalle “scarpette rosse”.

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