Nel primo pomeriggio di 77 anni fa gli abitanti della città di Segni (RM) diventavano inermi spettatori di un bombardamento alleato. Gli apparecchi della Royal Air Force (RAF) impiegati nell’attacco distrussero in quella giornata parte del centro storico, radendo al suolo la chiesa di Santa Lucia e causando la morte di 132 civili.
Secondo le ricostruzioni più accreditate, le bombe dovevano colpire un altro target (il LXXVI Panzerkorps) nella vicina Artena (RM) ma, a causa di una perturbazione che limitava la visibilità, i Kittyhawk della RAF virarono su Segni per liberarsi del carico.
Gli sfollati colleferrini
Quello avvenuto il 7 marzo non fu il primo bombardamento patito dalla comunità segnina: già nel novembre del 1943 quindici persone avevano perso la vita a causa di una bomba caduta nei pressi di piazza Persichilli. Come per il bombardamento del 7 marzo, tra i morti c’erano stati diversi colleferrini, sfollati nel paese lepino dopo aver perso la casa o perché rassicurati dalla sua apparente tranquillità.
A differenza di Colleferro, Segni non era infatti un luogo strategico, essendo lontana dalla stazione, dalle fabbriche e dalla Casilina. Fu questo il motivo per cui venne considerata da molti come un luogo sicuro dalla ferocia della guerra che investiva in quel momento il Paese.
Un frammento: la storia di Mafalda Aurelia Marazzi
Lontano dall’essere un dramma che riguarda solo Segni e i segnini, il bombardamento del 7 marzo coinvolse quindi anche la comunità colleferrina, che patì le conseguenze di quell’episodio con il dolore di chi perse i propri cari.
Un destino che toccò alla famiglia di Anna Bellagamba e Aurelio Marazzi, marchigiani emigrati a Colleferro nei primi anni ’30 (Aurelio lavorava come operaio negli altiforni), i quali nell’evento persero la figlia Mafalda insieme alla nipote Maria Gabriella Germani,di soli 3 anni. Rimasta vedova, Mafalda si era trasferita a Segni dai parenti del marito. Morì sotto le bombe mentre cercava di raggiungere sua figlia Annamaria all’Istituto delle suore Sacramentine. Di lei, tra le rovine del centro storico ridotto a brandelli, ritrovarono solo una mano.
Quello di Mafalda Marazzi è uno spaccato di vita che rappresenta uno dei tanti frammenti che composero il quadro della tragedia del 7 marzo. Altri colleferrini persero la vita quel giorno, e bisognerebbe recuperare per quanto possibile le vicende di quelle vite.
Ricordare oggi, creando ponti ogni giorno
Le microstorie come quelle di Mafalda ci permettono di costruire ponti con il passato, evitando che questo diventi una reliquia da riesumare durante anniversari sempre meno “sentiti” dalla cittadinanza.
Immergendoci nelle storie delle persone comuni riusciamo a far scattare la dinamica dell’empatia; ci immedesimiamo nelle loro vicende superando l’ostacolo del distacco con la storia, spesso percepita come un interminabile e freddo elenco di fatti da cui è difficile ereditare piena consapevolezza del passato.
Solo attraverso questo esercizio possiamo rendere la storia cosa viva, non condannando all’oblio i ricordi e le esperienze di quelle vite irrimediabilmente compromesse dalla follia della guerra.
Mia madre Speranza, era una ragazzina segnina di 12 anni e ricordava il bombardamento del 7 marzo 1944.
I segnini pensavano che fossero i tedeschi a bombardare.
Ogni tanto nel tempo raccontava quel giorno lontano.
Abitavano nella zona di Santo Stefano.
Loro si salvarono tutti. Dopo il bombardamento mio nonno decise di lasciare il paese e vennero a Roma.
A Segni non c’era lavoro. I debiti aumentavano. Mio nonno non lavorava più alla Fornaci a causa della guerra.
Vennero via tutti. Ma a Segni ci hanno lasciato il cuore.
L’autore del.dipinto degli Aerei che arrivano sopra Santa Maria è mio zio Padre Angelo Vari, cugino carnale di mia madre.
Vorrei conoscere qualcosa di più della mia famiglia materna.
Se qualcuno ricorda o conosce altri fatti mi può scrivere. Grazie.
Gentilissima Ilaria,
mi scriva pure all’indirizzo email stefano.cacciotti91@outlook.it
Avrei piacere di farle alcune domande sulla storia della sua famiglia.
Cordialmente,
Stefano Cacciotti