Matteo Renzi, dal momento in cui ha lasciato la poltrona da premier, è impegnato in una intensa – e remunerativa – attività di conferenziere in giro per il mondo. Durante la scorsa crisi di governo, si è recato in Arabia Saudita per dialogare col principe Mohammad bin Salman, assieme al quale ha elogiato alcune innovazioni introdotte dallo Stato. Il board saudita, del quale Renzi fa parte, lo paga fino a 80.000 dollari all’anno, che egli riceve comunque legittimamente, poiché nessuna legge vieta a un politico italiano di guadagnare con attività di relatore. Lo scandalo, messo in luce dal vicedirettore del giornale “Domani”, Emiliano Fittipaldi, è nato giacché l’attività di Renzi è sì lecita da un punto di vista legale, ma non da uno morale. Difatti, l’Arabia Saudita è uno dei Paesi più proibitivi e irrispettosi dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Un rapporto della CIA ha fatto emergere che il principe bin Salman autorizzò o acconsentì all’assassinio di Jamal Khashoggi, ucciso a Istanbul il 2 ottobre del 2018. Si è trattato di un ordine “cattura o uccidi”, fatto uscire da Biden quattro giorni fa, nonostante fosse pronto da mesi, in rottura con le scelte fatte da Trump, che lo aveva segretato per proseguire i rapporti con l’Arabia.
L’ex premier, Renzi, aveva detto che avrebbe chiarito la sua posizione una volta finita la crisi, a maggior ragione dopo la notizia poc’anzi ricordata. L’ha fatto, con un botta e risposta con se stesso via Twitter. Che di certo non l’ha riabilitato agli occhi di quell’opinione pubblica che, dal parere di chi scrive, l’ha additato giustamente.
Di seguito, vengono riportate alcune informazioni su come sono violati i diritti umani nello Stato di bin Salman. Si leggeranno “pillole” informative, senza la pretesa di enumerare ogni singola violazione, ma con l’intento di fornire una visione generale sullo Stato che, al netto di un indiscutibile progresso negli ultimi anni, ancora lede massicciamente i diritti dell’uomo.
Democracy Index (2019): Arabia Saudita al 159esimo posto su 167 Paesi analizzati, con un punteggio di 1.93 su 10. Per quanto riguarda il processo elettorale e il pluralismo, il punteggio è di 0 su 10, mentre quello della partecipazione politica è di 2.22 su 10. La cultura politica rispecchia un punteggio di 3.13 su 10 e le libertà civili di 1.47 su 10
Le punizioni corporali sono diffuse largamente in Arabia Saudita:
- La fustigazione è praticata per reprimere alcuni crimini come la “cattiva condotta sessuale” (omosessualità) e l’ubriachezza, lo spaccio o il gioco d’azzardo. Il numero di frustate è discrezionale. Raif Badawi è stato condannato a 1000 frustate e 10 anni di carcere per aver scritto un blog.
- L’amputazione delle mani e dei piedi è prevista contro chi si macchi di crimini di furto. Il ladro viene amputato.
La pena di morte è prevista, a volte anche nella forma delle esecuzioni pubbliche, come la decapitazione. Altre volte, i prigionieri sono giustiziati mediante la fucilazione direttamente nelle carceri. Nel 2018 in Arabia Saudita sono state giustiziate 108 persone.
Un proverbio saudita recita: “Una ragazza non possiede altro che il suo velo e la sua tomba“. Si tratta di un detto che oggigiorno non rispecchia del tutto la realtà, ma è indice del regresso dello Stato rispetto ai passi in avanti fatti dallo sviluppo mondiale negli ultimi tempi, in tema di diritti e rispetto delle donne. Infatti, le donne saudite sono fortemente discriminate, a partire dall’estetica: acconciatura e vestito devono essere conformi alle Leggi. Inoltre, esse devono avere un tutore di sesso maschile per svolgere numerose ordinarie attività: aprire un conto in banca, avere un giusto processo, interagire con altri uomini, sottoporsi a un intervento chirurgico.
Soltanto nel 2017, con effettività un anno dopo, l’Arabia Saudita ha concesso alle donne di circolare liberamente per le strade alla guida di un autoveicolo.
Nel 2005, il Dipartimento di Stato USA ha descritto l’Arabia Saudita come il terzo Paese al mondo con più traffico di esseri umani.
Tutta l’attività sessuale fuori dal matrimonio eterosessuale è illegale. La punizione per la sodomia, sia etero che omosessuale, varia dall’imprigionamento, alla deportazione per gli stranieri, fino all’esecuzione nei casi più gravi. Poi, qualsiasi straniero scoperto infetto dal virus HIV viene espulso. Le opzioni di trattamento, comunque, per i cittadini sauditi trovati positivi a tale virus non sono molte.
Ufficialmente, tutte le religioni tranne l’Islam sono vietate e le chiese proibite. Ufficiosamente, non è così. Il governo tollera la presenza di operai cristiani finché la loro religione rimane occulta. In teoria, che nella pratica però non si realizza, il governo può cercare nelle case e arrestare i lavoratori stranieri che possiedono icone o simboli religiosi.
Amnesty International ha scoperto innumerevoli violazioni del diritto internazionale umanitario, compresi crimini di guerra, compiuti dall’esercito saudita nell’intervento in Yemen, guerra nella quale sono stati bombardati ospedali e uccisi bambini e civili.
Ancora, all’inizio del 2018, un serie di difensori dei diritti delle donne sono stati arrestati durante alcune repressioni del governo. Tre nomi: Loujain al-Hathloul, Iman al-Nafjan e Aziza al-Yousef.
In tale contesto, riassunto sommariamente, vive la popolazione saudita, fedele a una religione intensa, l’Islam, condizionante la vita quotidiana dei musulmani, e dipendente da un regime duro e proibitivo.
Il leader di Iv chiarisca la sua posizione, con un confronto con la stampa e col Parlamento. Il fatto che egli rivendichi la sua scelta, senza ammissione di responsabilità quantomeno morale, è ancor più grave della sua presenza dinanzi al principe saudita. Una democrazia, baluardo dell’atlantismo e della libertà, quale l’Italia, non può accettare parole del genere. Ben venga il progresso dell’Arabia Saudita e la sua lotta contro il radicalismo, ma prima di ciò occorre che il Paese elimini le disparità e liberalizzi gli ambiti nei quali, ancora oggi, dimostra di essere indietro di un’era.