Giuseppe Conte: uno show dall’inizio alla fine

Perché non trovo nulla di salvabile nel percorso di Conte e perché mi auguro che, archiviato il suo percorso da premier, si archivi presto il suo percorso da politico

I risultati elettorali del 4 Marzo 2018 portarono ad un parlamento tripolare che faticò ad esprimere una maggioranza. Il Movimento 5 Stelle risultò il primo partito d’Italia ed i suoi gruppi parlamentari i più grandi. Fallito il “forno” ( così Di Maio definiva le trattative ) con il Partito Democratico, il M5s provò il forno con la Lega. Per la Lega era indigeribile il nome di Di Maio, e si puntò dunque su un nome terzo. Il nome di Conte.

Perché fu fatto il nome di Conte per il governo gialloverde

I Cinque stelle indicarono pubblicamente da prima delle elezioni quale sarebbe stata la loro rosa di ministri. L’avvocato pugliese sarebbe stato ministro della Pubblica Amministrazione nell’ ideale governo pentastellato. Egli si avvicinò agli ambienti grillini difendendo pro bono il contestato metodo Stamina e facendo attivismo per esso. Aveva tanta esperienza accademica, una buona esperienza professionale – gonfiata, stando ad una inchiesta del NY Times – ma nessuna esperienza politica.

Conte insomma è stato scelto dal Movimento 5 Stelle, ma nasce come “burattino di legno”.

Conte non è stato il promotore del governo gialloverde. Non è stato il promotore dell’alleanza gialloverde. Non ha partecipato alla stesura del contratto di governo e della rosa dei ministri. Non ha nemmeno scelto i membri del suo staff. A Maggio 2018 ricevette l’incarico, incassò il veto di Mattarella e rimise l’ incarico. Tornò a Firenze dove insegnava come se nulla fosse accaduto, mentre il presidente della Repubblica subiva le minacce di impeachment e incaricava provvisoriamente Cottarelli. Quindi, quando Di Maio e Salvini ritrovarono un accordo che non prevedeva Savona al MEF, Giuseppe Conte tornò a Roma e riprese un nuovo incarico. Ottenne la fiducia definendosi avvocato del popolo italiano e orgogliosamente populista. Denunciò pubblicamente i limiti del suo mandato definendosi il “garante del contratto di governo”. Si fece beccare dai microfoni aperti a chiedere a Di Maio il “permesso” di leggere un documento. Conte, insomma, è stato con ogni evidenza un prestanome.

L’ art 95 della Costituzione recita: “Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri.”

 Lega e 5 Stelle invece, stabilirono nel contratto di governo come e chi avrebbe dettato la linea politica, e come e chi avrebbe risolto le controversie. In nessun caso c’era un riferimento alla figura del presidente del Consiglio. Nella prassi furono i rapporti di forza tra i due partiti a dettare la linea politica. Conte fu uno spettatore. Vittima o complice, a seconda dei punti di vista.

Il particolare ruolo di Conte incise negativamente sulle sorti della Nazione. Fece sì che i due veri leader tirassero al massimo la coperta della politica di bilancio, che invadessero le competenze degli altri ministeri, che mettessero a rischio negoziati con l’Ue per le procedure di infrazione da loro stessi provocate, e che ogni partito facesse la propria politica estera! Lega con Russia e USA, M5S con la Cina.

Il governo gialloverde

L’Italia è uscita deteriorata dai 14 mesi di governo. Con il loro atteggiamento che ha minacciato i capitali e le imprese, i gialloverdi hanno sfasciato la fiducia nel paese, il clima all’ interno del paese, e l’economia.

Gli indicatori non mentono. In pochi mesi sono usciti soldi dalla Nazione, sono crollati gli investimenti, si sono fermati lavoro, consumi, crescita, e mutui. È aumentato il debito pubblico, il costo del debito pubblico e il costo del denaro nel Paese, nonostante il clima di tassi negativi in Europa. Il tutto per finanziare un reddito di cittadinanza che è andato in troppi casi a lavoratori in nero, e per una quota 100 che ha agevolato soprattutto gli statali e che per ogni 10 persone prepensionate ne ha fatte assumere 3 nel settore pubblico e 2 nel settore privato.

Le istituzioni sono state delegittimate e calpestate. In alcuni casi però è aumentato il loro controllo centrale. Un clima d’odio ha inquinato il Paese e il suo dibattito pubblico, culminato con la rivendicazione salviniana dei pieni poteri che ha messo fine all’esperienza politica.

Stando al discorso che Conte fece in Parlamento il governo avrebbe fatto il bene della Nazione nonostante Salvini mettesse a rischio il suo operato. L’esperienza di governo sarebbe poi finita sempre per colpa di Salvini.

Conte si è “ripulito” scaricando vomito su Salvini come se non avesse dovuto controllare il suo operato, come se non avesse potuto porgli fine, e come se non lo avesse mai avallato.

Perché fu fatto il nome di Conte per Il governo giallorosso

Ci piace credere che Salvini invocò i pieni poteri per un Mojito di troppo. In realtà Salvini si confrontò preventivamente con Zingaretti. Si accertò che in caso di crisi il PD non avrebbe provato a fare un nuovo governo e trovò conferme.

Zingaretti preferiva le elezioni poiché si ritrovava neo segretario del PD ma con i parlamentari risultato di listini fatti prima della sua guida. Con le nuove elezioni avrebbe avuto l’occasione per firmare e formare i nuovi listini. La crisi quindi conveniva sia a Zingaretti che a Salvini.

Entrambi non avevano previsto Matteo Renzi, il quale fece capire che l’ascesa di Salvini si sarebbe potuta ostacolare con un governo giallorosso. Il M5S non voleva ripetere col PD gli errori fatti nel rapporto supino con la Lega. Di Maio allora fu estremamente aggressivo nelle trattative col PD e impose sia i 20 punti, che la riconferma del premier.

Conte a luglio diceva “E’ una cosa assolutamente fantasiosa che possa cercare in Parlamento maggioranze alternative. Voliamo alto” ma ad Agosto ebbe un colpo di fortuna che colse senza pensarci.

Il governo giallorosso

La sostituzione della Lega col PD dell’estate 2019 regalò ampi margini di manovra a Conte.

Margini politici, perchè proprio pochi mesi dopo le elezioni europee si ritrovò ad avere in maggioranza collegamenti col Partito Socialista Europeo, con un membro della Commissione Europea (Gentiloni) e col presidente del Parlamento europeo (Sassoli).

Margini economici perché l’uscita degli (all’epoca) euroscettici leghisti e l’ingresso degli europeisti piddini ridusse di molto lo spread e la tensione sui nostri tassi di interesse.

Purtroppo, anche con queste armi in più l’Italia nel 2019, come nel 2018 è risultato ultimo in Europa, e tra gli ultimi al Mondo, per crescita dell’economia.

 Discorso a parte ovviamente merita il 2020.

La pandemia

Il Covid avrebbe sicuramente sorpreso qualunque premier. Conte però il 22 Gennaio 2020 non era obbligato ad affermare “è stato verificato che le strutture sanitarie competenti sono adeguatamente allertate a fronteggiare la situazione”.

Il 21 Febbraio, alla prima morta in Italia per Covid-19, non era obbligato ad affermare che la situazione fosse tutta “sotto controllo”. Non era obbligato a promettere “potenza di fuoco”, che “lo Stato c’è” o che nessuno avrebbe perso il lavoro per il coronavirus. Non era obbligato a chiudere per “salvare il Natale” prima di chiudere anche a Natale. Non era obbligato a promettere “soldi certi e rapidi”.

Ci sarebbe da scrivere tantissimo sulla frustrante gestione delle misure e della relativa comunicazione ma parla da sé la coesistenza tra la mortalità tra le più alte al mondo, l’incidenza dei casi tra le più alte al mondo, la decrescita del PIL tra le più alte al mondo nonostante gli abnormi scostamenti di bilancio che graveranno sulle prossime generazioni.

L’Italia si è avallata dell’aiuto della dittatura russa, cinese e cubana facendo tremare la Nato. In compenso ha rinnegato il ruolo chiave dell’Europa che prima del #NextGenerationEu aveva messo già in campo 35,7 miliardi dal MES, 28 dallo SURE, circa 20 da BEI, circa 10 dai fondi indiretti e una politica monetaria estremamente accomodante che vede ancora il nostro Paese come primo beneficiario degli acquisti BCE, e la governatrice Lagarde che si è spinta ben oltre i limiti che aveva raggiunto il predecessore Draghi.

Ci illudiamo che Conte abbia ottenuto il Recovery fund. Falso. Il RF ha visto la luce perché alla vigilia del consiglio dei ministri delle finanze Ue di Maggio 2020, Merkel e Macron hanno fatto da soli un incontro preliminare dal quale è uscita la proposta per un RF da 500 miliardi, proposta che diventerà mano a mano il NextGenerationEu da 750 miliardi che conosciamo oggi.

Eppure Conte aveva la pretesa di gestirlo il Recovery Fund. Archiviato il piano di Colao, passati gli Stati generali, Conte è arrivato a giocare l’ultima speranza per l’Italia scrivendo un piano nazionale di ripresa e resilienza terribile, bocciato da innumerevoli authority nazionali ed internazionali. Per l’Ufficio parlamentare di bilancio nel Pnnr era presente “dispersione di risorse che potrebbe non consentire di realizzare gli obiettivi di policy dichiarati”  e la legge di bilancio era “un coacervo di misure condivisibili senza una politica di bilancio ben delineata”.

La crisi di governo

Nonostante tutto questo per Conte la crisi aperta da Renzi era “incomprensibile”. Gli appelli ai costruttori, ai volenterosi sono stati poco proficui e hanno permesso di racimolare solo una maggioranza relativa alla prova del voto di fiducia. Il 19 Gennaio Conte twittò che non c’era un minuto da perdere e che l’obiettivo sarebbe stato rendere più solida la maggioranza. 7 giorni dopo si è dimesso.

Non c’è né onore né coraggio in quello che ha fatto. Pochi giorni dopo il guardasigilli Alfonso Bonafede sarebbe dovuto andare in Parlamento per presentare e far approvare la relazione annuale sullo stato della giustizia. Con le sue riforme iper-giustizialiste e illiberali e con la vergogna dei boss mafiosi usciti dalle galere per andare ai domiciliari causa Covid-19, sarebbe stato difficile trovare di nuovo costruttori e volenterosi. Per evitare l’onta di una sonora sconfitta in aula Giuseppe Conte ha posto la fine anticipata al percorso.

Dietro un umile banchetto in mezzo alla strada Conte ha fatto di recente la sua ultima conferenza. La scelta non è stata dettata dalla necessità di limitare il rischio dei contagi ma dal maniacale impianto comunicativo del portavoce Casalino che ha caratterizzato entrambi i governi (per la cronaca, il portavoce ha guadagnato come membro del suo staff più di Conte stesso).

Casalino ha invitato esplicitamente i giornalisti a non inquadrare Palazzo Chigi. Voleva dare l’idea di un premier sfrattato, cacciato in malo modo dagli arrivisti. Da dietro quel banchetto Conte si è rivolto ai cinque stelle (“io ci sono e ci sarò”) e a PD e LeU (“dobbiamo continuare a lavorare insieme”). Si è candidato di fatto a guidare il M5S e il nuovo centrosinistra.

Una scelta che considero naturale visto che il Movimento ha bisogno di un leader e il centrosinistra ha bisogno di un candidato premier popolare.

Quando ospite da Bruno Vespa a dicembre, i giornalisti in studio fecero dei ragionamenti in tal senso Conte scandì: “Il mio orizzonte, mi creda, e il mio impegno attuale è così assorbente che non ha proprio senso neppure che io mi metta a fare questi ragionamenti, non ha proprio senso.” O mentiva anche in questo caso o ci ha ragionato poco.

L’avvocato ha lasciato Palazzo Chigi tenendo per mano la compagna Olivia. Giuseppe e Olivia se ne sono andati tra gli scroscianti applausi dei dipendenti di Palazzo Chigi. I più dimenticano che il personale ha beneficiato di un aumento in busta paga di 273 euro al mese, il doppio degli incrementi previsti per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego, grazie ad uno stanziamento aggiuntivo da 5 milioni di euro nell’ultima legge di bilancio del governo Conte.

Un vuoto show dall’inizio alla fine.

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