Sergey Maximishin, all’età di 55 anni, è morto “improvvisamente”, come riporta la Cnn dopo che l’ospedale di Omsk ha dato la notizia ai media. Le cause del decesso, tuttavia, non sono state rese note.
La scorsa estate, egli aveva curato dall’avvelenamento da Novichok Alexey Navalny, ormai divenuto il simbolo dell’anti regime in Russia, al quale è stato confermato il carcere da parte di Vladimir Putin. La condanna a cui è stato sottoposto l’attivista russo è pari a 3 anni e 5 mesi; per via delle scelte di Putin in merito alla vicenda Navalny, l’opinione pubblica mondiale si è animata univocamente contro il Presidente, da giorni si susseguono scontri e manifestazioni in tutto il territorio del Paese, nonostante la rigidità delle temperature e le disposizioni di contenimento contro il Covid-19. Anche il neo Presidente degli Stati Uniti d’America, Biden, ha preso una posizione netta, di avversità nei confronti della confermata carcerazione di Navalny. “Va scarcerato”, continua a ribadire. Proprio ieri, ha rincarato la dose, dichiarando al Dipartimento di Stato che “gli USA non subiranno più” le azioni ostili della Russia, e risponderanno con un “atteggiamento diverso dal [mio, ovvero Trump N.d.A] predecessore”.
Di certo, la scomparsa del medico Maximishin non svela i molti dubbi sulla storia Navalny, anzi, ne infittisce le ombre. Resta un’alone di mistero che soltanto un’accurata investigazione internazionale e un senso civico e di libertà da parte dei cittadini può aiutare a sfoltire.