Chiuso un social, se ne fa un altro. In verità, Parler, la piattaforma alternativa a Twitter dove si è rifugiata la destra trumpiana, esiste dal 2018; tuttavia, solo a seguito dei fatti di Washington è diventata popolare. La censura del deep state dei magnati dei media si è avventata sul social network appena dopo il trambusto generato da Trump. Prima del 7 gennaio, Parler non era forse popolata da estremisti, sovversivi, reazionari e cospirazionisti? E le loro teorie, eventuali e da verificare, sono nocive soltanto quando comincia il 2021?
La situazione puzza di marcio, così come marcia è la campagna di censure messa in atto da Twitter e Facebook. Trump è il nemico, non senza colpe, sia chiaro, e allora ogni luogo, fisico o virtuale, deve essere epurato.
Senza riconoscerci nella piattaforma in questione, che riguarda una realtà, quella Usa, molto diversa dalla nostra, e prescindendo dalla matrice politica della suddetta, noi parler(emo). L’informazione, purché non offenda gli altri e minacci la democrazia, va ossequiata. Ogni ideologia è condivisibile da alcuni e deprecabile da altri, ma va rispettata. Perché questo è il ruolo dell’informazione, perché questo è il sale di uno Stato e di una stampa democratici.