Censis: Il 44% degli italiani è favorevole alla pena di morte

Sarebbe stato impensabile poco tempo fa: 4 italiani su 10 sono favorevoli all’introduzione della pena di morte in Italia. Il dato è stato fornito dal “Censis”, istituto di ricerca socio-economica italiano fondato nel 1964 con a capo il sociologo Giuseppe De Rita.

Un numero impressionante, non trascurabile.

Iniziamo col dire che la pena di morte in Italia venne abrogata nel 1947 mentre, fino al 1994, nel Codice Penale Militare di Guerra era ammessa. Fu definitivamente cancellata dalla Costituzione solo nel 2007.

Come emerge dalla ratio del legislatore italiano ed eurpeo, la pena di morte, oltre a essere contraria ai valori su cui si fondano le culture del nostro continente, è assolutamente contraria a quel principio di rieducazione e riabilitazione del condannato, verso cui, invece, il legislatore deve tendere.

Premesso questo, rimane un dato, sociologicamente pesante, che pende sulla testa degli italiani come la spada di Damocle.

Difficile concepire un numero tale di persone favorevoli alla pena di morte nel paese natale di Cesare Beccaria, che insegna: “Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio”.

Lo Stato non può essere boia e le persone non possono davvero desiderare che questo lo diventi.

Ma ai tempi del Covid-19 tutto diventa surreale… Le leggi sempre più stringenti, oltre a delineare panorami tragici, ad esempio sul tema del suicidio – azzarderei terrificanti – possono essere una della cause dell’aumento del consenso intorno alla pena capitale.

Studiosi di Durkheim (sociologo, filosofo e storico delle religioni francese del fine ‘800, che molti nominano come padre della Sociologia), toccando anche il tema del suicidio, spiegano che i “fattori sociali che esercitano un’influenza determinante al riguardo, soprattutto ciò che egli chiama anomia, rottura degli equilibri della società e sconvolgimento dei suoi valori”: probabilmente questo è successo.

Ristabilire una “normalizzazione” nella vita delle persone ed un riallineamento di una routine esente da stress od ansia – dovuta anche dai media tradizionali e non – è anche dovere della politica, per evitare derive simili.

Un costante pressing dell’individuo, con droni, obblighi di mascherine, divieti di spostamento e controlli a domicilio (tutto, ahimè, necessario), soprattutto sotto le feste natalizie gioverà una situazione già ad oggi drammatica?

Sempre riprendendo il sociologo Durkheim: “il controllo sociale rappresenta l’idea che la società possa influenzare in modo coercitivo il comportamento del singolo soggetto, andando a generare, talvolta, comportamenti di rifiuto dello status quo e comportamenti anti-convenzionali.” Celebre, l’ultimo, per la frase: “La società perpetua se stessa”. La pena di morte sarà legge?

Fortunatamente no, ma i numeri a volte fanno paura.

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