L’arte può diventare oggetto tecnologico?

L’arte può diventare oggetto tecnologico? Domanda difficile, importante, interessante.

La riflessione nasce dal ricordo di un paio di mostre passate. Una di due anni fa, intitolata “Human+” presso il palazzo delle Esposizioni. L’altra era una installazione dei cinesi Sun Yuan e Peng Yu dal titolo “Can’t Help Myself” datata 2016 ed esposta alla Biennale di Venezia del 2019.

La prima era una carrellata di oggetti, foto e opere a metà fra il cyborg, una versione 2.0 della video art e una fiera della tecnologia; la riflessione che operava, era su un mondo che sempre di più si scinde fra la vita di carne e sangue e la possibilità di intraprendere percorsi di vita in cui la velocità, l’automatismo, l’istantaneità incorporano qualunque aspetto dell’esistenza. Arte compresa.

La seconda opera era un enorme braccio robotico che si muoveva senza sosta chiuso in una gabbia trasparente, quasi fosse una creatura selvatica da ammirare. Muovendo il braccio in diverse posizioni, faceva in modo di trasferire un liquido rosso ai suoi piedi, in maniera costante. Il succo del discorso era che il liquido rappresentava l’ostinata volontà dell’arte a non essere incasellata dalla tecnologia.

Sun Yuan & Peng Yu: Can't Help Myself - Hannah Rose Prendergast
Sun Yuan e Peng Yu “Can’t Help Myself”, 2016

Due visioni decisamente agli antipodi.

Ma l’arte può diventare oggetto tecnologico? E soprattutto, deve?

Nella Grecia antica la parola atta ad indicare “arte” non aveva nulla a che fare con l’estetica, con la resa pittorica o la rappresentazione grafica. La parola (téchne, τέχνη) riguardava di più una perizia nell’uso e nella efficienza che quell’oggetto rappresentava. L’arte era la competente affinità con la modernità e quanto più quell’oggetto potesse aiutare l’individuo ad avere una vita semplice.

Parole che a tutt’oggi richiamano molto alla idea contemporanea di tecnologia. Ma l’arte non è un oggetto, tantomeno di consumo (non di quello quotidiano e primario per lo meno). Quindi potrebbe tecnicamente essere lasciata fuori dalle dinamiche utilitaristiche e restare solo una forma di godimento intellettuale ed emotivo.

In ogni caso l’arte ha  e ha sempre avuto una responsabilità nei confronti del mondo. Essa è una espressione della contemporaneità e del mondo che ci circonda, è una interpretazione della mentalità e della socialità attuale. Andy Warhol creava immagini ripetute come fossero oggetti in serie e idolatrava l’oggetto di consumo, per ritrarre un mondo contemporaneo fatto appunto di personaggi glamour e di sentimenti fabbricati in serie: per ritrarre una società consumista. Perché lo era.

Oggi, ipso facto, gli artisti possono raffigurare nelle loro opere l’attuale situazione di esorbitante uso e abuso di ogni forma di tecnologia per fare qualunque cosa, poiché essa fa parte della realtà. E per farlo, molti artisti possono utilizzare app e bar-code piuttosto che pennelli e tela.

Dunque, l’arte può diventare un oggetto tecnologico? Sì.

poiché l’oggetto tecnologico è entrato a fare parte della nostra vita e anche del nostro modo di rappresentare, scrivere, parlare.

Eppure NO, non dovrebbe diventarlo.

Neural Network and Deep Learning Workshop for Artists | by CODAME |  ART+TECH | Medium

Il Perché? Moltissimi motivi, uno dei quali è la semplice ed egoistica ragione che l’arte in generale dovrebbe essere fruibile a livello globale; ma nel mondo esistono molti luoghi e persone che (per scelta, per cultura, per possibilità) non hanno accesso a forme di tecnologia iper futuristiche. In compenso, però hanno occhi e cuori per poterla fruire.

Ma forse, il motivo più concreto, paradossalmente, è un motivo dal sapore filosofico: l’individuo attuale è realmente in grado di scindere l’oggetto tecnologico dall’oggetto artistico?

Riesce a differenziare un prodotto di uso quotidiano, di mero consumo e possibilmente il più possibile “glamour”  da un oggetto (che già di base oggetto non è) il cui significato intrinseco è più profondo e legato addirittura alla poetica di qualcun altro, agli occhi di un sognatore e alla interpretazione di molti?

Se la risposta a questa domanda fosse “no”, si creerebbe inevitabilmente:

 Un innalzamento del primo concetto (<<Questo Iphone è un capolavoro!>>)

O un inesorabile abbassamento del secondo (<<Ma questa è arte??! Sembra il mio spremiagrumi elettrico>>)

In un mondo dove gli estintori delle gallerie vengono scambiate per opere di Jeff Koons, l’arte dovrebbe cercare di mantenere, almeno nel suo involucro, una (solenne ma non altera) distanza dall’oggetto.

Almeno al giorno d’oggi.

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